Momenti
Ci sono momenti in cui ci sarebbero così tante cose da dire, da raccontare, che quando pensi di provarci non sai mai da dove iniziare. Ci sono dei momenti in cui ci sarebbero tante cose da raccontare perché ci sono sempre moltissime cose da fare, ma ci sono moltissime cose da fare perciò non c'è il tempo per raccontarle.
Ci sono dei momenti in cui i sentimenti, le azioni, i pensieri si accavallano e non sempre è tutto chiaro.
Questo momento è tutti questi momenti...
Parole di prima: la banca
Ricreazione dopo la mensa.Primo richiamo: stanno correndo come disperati. -Smettetela, o vi faccio sedere.
Sono stati molto rumorosi mentre facevano il laboratorio sui cinque sensi con la collega durante le prime due ore.
Secondo richiamo: - Ma insomma, cambiate gioco, cercate un gioco tranquillo!
E' stato difficilissimo frenarli in palestra nelle ultime ore del mattino.
In mensa, con me, hanno fatto rumore e hanno lasciato il tavolo come fossero un branco di animaletti.
Ora alcuni si stanno lanciando “sfere di energia” facendo strani movimenti con le mani e saltando come canguri impazziti per il salone, altri si stanno saltando addosso come gli atleti del wrestling.
Ci sono giornate così, inutile nasconderselo. Io sono una maestra “antica”, inutile negarlo.
- Adesso basta! Tutti in classe. Per oggi farete la ricreazione seduti! Mettetevi con un compagno a disegnare, leggete un libro, chiacchierate, ma la ricreazione oggi si fa in classe tranquilli!
- Adesso basta! Tutti in classe. Per oggi farete la ricreazione seduti! Mettetevi con un compagno a disegnare, leggete un libro, chiacchierate, ma la ricreazione oggi si fa in classe tranquilli!
Bastano tre minuti e ritorna la calma. Altri cinque e si sono già organizzati, a coppie, a gruppetti, qualche solitario. Preparo i quaderni per dopo e mi fermo a guardarli.
Il gioco che li calma, che pian piano contagia tutti, è quello della banca.
Sui fogli del blocco da disegno scrivono lunghe file di numeri. Con tanti zeri. Poi li ritagliano, ne fanno banconote. Poi se li scambiano: “Quanto costa questo?” E dicono numeri a caso, possibilmente grandi e sempre crescenti.
E' un gioco che imperversa da qualche settimana. Un gioco senza alcun senso, ma che li appassiona.
Un gioco che è un segno dei tempi, e anche un po' di queste loro famiglie, molto prese dal lavoro dei genitori. Molto attente all'aspetto economico, sempre pronte a fare a gara nel dire: "non c'è problema" se, con un po' di pudore, proponiamo qualche uscita a pagamento. Sempre pronte a festeggiare i compleanni con mega feste nei parchi con i gonfiabili (8 euro a bambino... 10 euro a bambino... non c'è problema, invitiamo tutta la classe!).
Penso con tristezza a quando provo a raccontare loro qualche storia... breve, perché ancora non hanno la capacità di seguire una storia lunga... semplice, perché non comprendono nulla che non sia esplicito. Gli occhi ti guardano interrogativi: - Perché ce l'hai raccontata maestra? Cosa vuoi da noi?
Il gioco che li calma, che pian piano contagia tutti, è quello della banca.
Sui fogli del blocco da disegno scrivono lunghe file di numeri. Con tanti zeri. Poi li ritagliano, ne fanno banconote. Poi se li scambiano: “Quanto costa questo?” E dicono numeri a caso, possibilmente grandi e sempre crescenti.
E' un gioco che imperversa da qualche settimana. Un gioco senza alcun senso, ma che li appassiona.
Un gioco che è un segno dei tempi, e anche un po' di queste loro famiglie, molto prese dal lavoro dei genitori. Molto attente all'aspetto economico, sempre pronte a fare a gara nel dire: "non c'è problema" se, con un po' di pudore, proponiamo qualche uscita a pagamento. Sempre pronte a festeggiare i compleanni con mega feste nei parchi con i gonfiabili (8 euro a bambino... 10 euro a bambino... non c'è problema, invitiamo tutta la classe!).
Penso con tristezza a quando provo a raccontare loro qualche storia... breve, perché ancora non hanno la capacità di seguire una storia lunga... semplice, perché non comprendono nulla che non sia esplicito. Gli occhi ti guardano interrogativi: - Perché ce l'hai raccontata maestra? Cosa vuoi da noi?
Ho insegnato in scuole sperdute in mezzo alla campagna padana, perse nella nebbia in inverno e nella foschia dell'afa in estate. E mai ho trovato, da parte dei bambini, indifferenza per le storie raccontate. Magari non sapevano parlare bene in italiano, magari non comprendevano proprio tutte le parole, ma appena iniziava il racconto partiva la magia. E poi erano maghi, fate, cavalieri, soldati, vigili, mamme, papà...
Qui, ed ora, no.
Qui si gioca alla banca.
Mi serve un libro. Mi serve un bel libro!
Si (ri)parte
Era partito tutto qualche mese fa: l'annuncio di una delle fiere di ricamo, cucito, patchwork più importanti d'Europa... un gruppo di ricamatrici incallite...- Ci andiamo?
- Fin là?
- Ma sì, dai! Chi viene?
- Io forse con la mia scuola di ricamo espongo...
- Dai, che bello! Veniamo a vedere!
- Effettivamente si potrebbe...
- In treno... viaggiamo di notte... una sola notte in albergo...
- Sarebbe una gran stancata!
- Sì, ma di certo ne vale la pena!
- Bhe, io vengo!
- Io anche
- Io anche e mi porto Fatina!
Poi il nonno è stato operato.
Poi Fatina doveva fare le gare di pattinaggio ma non si sapeva bene la data.
Poi sembrava che fosse tutto a posto e abbiamo prenotato l'albergo.
Poi Fatina ha deciso che non poteva proprio venire perché avrebbe perso due verifiche a scuola.
Allora... Ho deciso che nulla mi avrebbe fermato, che Fatina o no, io sarei partita.
E, dato che la fortuna aiuta gli audaci, ho trovato la compagna di viaggio a me più gradita.
E, dato che la fortuna aiuta gli audaci, ho trovato la compagna di viaggio a me più gradita.
Così, domani sera, al gruppo di ricamatrici pazze che viaggeranno in cuccetta, si unirà la Zietta. Ignara, forse, del turbinio di parole che l'attende e dell'atmosfera di follia che circonda un gruppo di donne con una passione dirompente, ma con la piacevole prospettiva di passare un week-end anticipato a Parigi.
Quattro donne a Parigi (per non parlar del treno...)
A...spettare due ore, al freddo, in una stazione senza sala d'aspetto, che il treno arrivi, già in ritardo alla partenza. B...inario che compare all'ultimo minuto sul tabellone delle partenze, da raggiungere in tutta fretta.
C...uccette di Trenitalia: come passare una notte chiedendosi se in casa c'è ancora lo shampoo contro i pidocchi tanto utile quando ci sono le infestazioni a scuola.
D...odici ore di viaggio, attraversando tre nazioni.
E...uro spesi: non molti, in fondo, per viaggio e albergo; un po' di più per gli acquisti.
F...iera: cioè fili, stoffe, libri, schemi, aghi, forbici, nuove idee e nuovi strumenti: tutto quello che ci aspettavamo di trovare (e che non sempre c'era).
G...iapponesi: strane compagne di viaggio per una notte, assolutamente incomprensibili nella loro snervante resistenza alla buona educazione.
H...otel: periferico, ma agognato rifugio dopo una notte ed un giorno alla ventura.
I...ncontri: alcuni decisamente strani (ma forse perché noi siamo mooolto provinciali... ;-))
La Ville Lumière, Parigi: impossibile resistere al suo fascino, anche solo per poche ore; così i due giorni in fiera si sono ridotti a uno e hanno lasciato spazio a una giornata di puro turismo.
M...useo: quello per eccellenza, il Louvre, che la Zietta ha visitato approfittando dell'occasione.
N...egozi: vuoi mettere poter dire “l'ho comprato a Parigi”? Nessuno può resistere al fascino dello shopping parigino, soprattutto se ci sono ancora i saldi nei negozi di taglie forti!
O...rari: da calcolare sempre tendendo conto dei tempi di spostamento col metrò.
P...anini: cibo primario in queste 60 ore, accompagnato, in secondo luogo, da insalate e croissant
Q...uattro: le donne pazze coinvolte in tutto questo; diverse per età, per lavoro, per visione della vita, per storia... eppure capaci di divertirsi (un sacco) viaggiando insieme.
R...icamo: il motivo ispiratore, l'argomento di conversazione principale, il cuore del viaggio.
S...orelle: due, io e la Zietta, che con la scusa del viaggio riescono finalmente a stare un po' insieme per godere della reciproca compagnia.
T... reno: bellissima idea di viaggio, purtroppo un po' sciupata dalla realtà di Trenitalia.
V...oglia di tornare a casa al momento del ritorno: prossima allo zero, c'era spazio per almeno un altro giorno.
Z...zzzzz: le ore di sonno che sono servite per recuperare la stanchezza accumulata!
Parole di prima: PER LUNEDI'
- Allora bambini, questo compito lo fate per lunedì, va bene?- Maestra?
- Dimmi, R., cosa c'è? Non hai capito bene?
- Sì, ho capito. Ma lo posso fare per domenica? Mi piace di più!
MAH!
Andata e ritorno
Ha organizzato sostituzione e ferie (e nella scuola, in questo momento, non è scontato riuscirci) per poter avere quattro giorni pieni per stare con Luna, che non vedeva dalle vacanze di Natale, e festeggiare insieme il loro terzo anniversario.E' partito senza la solita processione di mamma papà Fatina che gli portavano i “pezzi” in auto, perché tutti erano a scuola o al lavoro.
E' arrivato da Luna, e Fatina si è accorta che aveva dimenticato il regalo sulla poltrona in camera sua. Lo immaginavamo avvilito ed arrabbiato, gli abbiamo proposto un incontro a mezza strada per fargli avere il pacchetto, e invece ha risposto tranquillamente che lo porterà a Luna la prossima volta.
E' ripartito un po' prima del solito per placare le ansie della mamma, che aveva visto le previsioni meteo, ha sfidato la pioggia, la neve, la nebbia, le processioni di camion sull'Appennino, il nodo di Bologna e cinque ore di viaggio per duecentocinquanta chilometri ed è arrivato ieri sera. E ha detto: “Mamma, ho comprato un nuovo cd, vuoi ascoltarlo?”
Werewolf è tornato.
Aggiornamenti...
In certi periodi i giorni sono troppo veloci per raccontarli... Che è successo in questo mese?
Allora: le ore a scuola si sono moltiplicate in modo esponenziale per preparazione di feste, uscite didattiche, corsi di aggiornamento, riunioni con i genitori, incontri con i terapisti che seguono i nostri alunni; qui nella Gabbia siamo riusciti a fare una piccola vacanzina al mare con Fatina e Light-Blue al seguito, appena tornati abbiamo avuto ospite Luna per una settimana, appena lei è ripartita è ritornato qui Light-Blue; il Nonno sta facendo i controlli post intervento programmati, i Nonni dovrebbero traslocare in una casa più comoda ma cambiano parere e piani più o meno ogni due giorni; Fatina per due settimane non è andata a scuola ma a uno stage; è ricominciato il periodo dell'allergia; sono iniziati i festeggiamenti per i cento anni della squadra cittadina e Werewolf è impegnatissimo con le presenze sia agli incontri “di rappresentanza” che ai tornei e alle partite; Fatina domani ha una gara e questo ha voluto dire allenamenti, costumi, allenamenti, calze, allenamenti, reggiseni, allenamenti...
Ora stiamo iniziando ad organizzare le vacanze estive.
Se qualcuno ha problemi ad impegnare il suo tempo libero può provare a passare qui, per la Gabbia: credo che non si annoierà mai più...
Cronaca di un giorno di gara
E così è arrivato il giorno della gara di Fatina. Dopo aver fortuitamente trovato, al mercato, il reggiseno con le fascia dietro di silicone, in modo da risultare invisibile nell'oblò che ha sulla schiena il suo costume da gara; dopo aver scartato, al momento, il costume rosso acquistato a Riccione, che richiede ancora qualche piccolo aggiustamento; ebbene, ora mancava il trucco e parrucco giapponese, dato che il suo disco è una musica, anche se moderna, chiaramente giap. Provate a cercare, un sabato mattina in una piccola città, gli spilloni delle acconciature orientali... da dove partireste? Dagli empori cinesi che proliferano ovunque? Sbagliato! Non vi troverete nulla di simile! E nemmeno nelle profumerie più frequentate: lì c'è, al massimo, qualche bel fermaglio. Poi, se sarete fortunati come me, vi verrà in soccorso la memoria di quel negozio un po' polveroso davanti al quale passate ogni giorno, che degnate di un'occhiata distratta. Non sottovalutatelo ed entrate: io l'ho fatto ed ho trovato ciò che cercavo.
Quando poi Fatina, che era a scuola, è arrivata, l'aria si è fatta più pesante: l'ansia per la gara si tagliava con il coltello.
A tavola Werewolf è stato quasi azzannato perché tentava un abbraccio rassicurante, e poi se ne è andato, ancora un po' perplesso, alla partita dei bambini della sua squadra.
Il Capitano è partito subito dopo per il lavoro e, vista l'esperienza di Werewolf, si è limitato ad un saluto e ad un augurio il più neutri possibile.
Light-Blue aveva già dato forfait da qualche giorno a causa di un impegno improrogabile. Ha tutta la mia comprensione poiché credo che, dopo l'esperienza delle gare dello scorso anno a fianco di una Fatina non propriamente tranquilla, non se la sia sentita di affrontare la “cosa” anche quest'anno.
Ed è così che siamo rimaste sole (anche se sarebbe meglio dire che io sono rimasta sola con lei...). Dopo aver cercato di preparare la borsa senza dimenticare niente di quel che serviva siamo passate all'acconciatura: la base era una dose massiccia di gel lasciata asciugare per bene prima di passare alla stesura successiva. E poi una semplice coda. Inutile passare subito all'acconciatura definitiva: arrivata al palaroller si sarebbe comunque dovuta togliere la maglietta e sarebbe stato tutto da rifare. A questo punto è arrivata la Zietta: se io me la cavo abbastanza con i capelli, altrettanto non si può dire per il trucco, che per me significa, al massimo, fard e rossetto. La Zietta invece conosce i prodotti, i movimenti, la teoria del colore... così Fatina si è affidata a lei senza tentennamenti e nel giro di un quarto d'ora un trucco pallido e rosato, tipicamente giapponese (o comunque quello che è il giapponese nella nostra immaginazione), era sul suo volto (e, cosa assolutamente incredibile per me, c'è rimasto tranquillamente fino a sera, quando siamo tornate a casa!).
Salutata la Zietta siamo partite; siamo riuscite, quasi, a non sbagliare strada, e ad arrivare anche con un po' di anticipo sull'orario di ritrovo al Palaroller.
Sistemata la borsa, distribuiti i costumi alle altre, indossato il suo costume, siamo passate all'acconciatura: ancora gel, uno chignon con al centro un fiore, e i due famosi spilloni orientali a completare l'opera.


Erano circa le 16 e 30. A parte i provapista, Fatina avrebbe pattinato per la gara alle 20, ma ancora non lo sapevamo... Il tempo è passato, per me sulle tribune, a guardare le gare delle altre, a cercare di capire meglio come funzionava la videocamera nuova, ad ascoltare qualche pettegolezzo sulla società, ad osservare la varia umanità... e naturalmente a rispondere ai cenni e alle chiamate di Fatina se aveva bisogno di acqua, di ago e filo o di conforto.
Infine, finalmente, è entrata in pista, a iniziato a pattinare ed è stata bravissima: ha fatto il meglio che le abbia mai visto fare, bellissima trottola, salti buoni, passi gradevolissimi, non si è dimenticata nulla e... alla fine ha vinto!
BRAVA FATINA!
Sei stata un po' “difficile” ieri da trattare, ma ne è valsa la pena!
Sei stata un po' “difficile” ieri da trattare, ma ne è valsa la pena!
Delle mamme, e soprattutto dei papà
Attorno alle gare di pattinaggio c'è, come sempre nelle competizioni sportive che coinvolgono bambini e ragazzi, un piccolo mondo variegato.
Le mamme delle pattinatrici sono perlopiù un pericoloso connubio tra Mamma Orsa e un branco di hooligans inglesi; giurano di non capire assolutamente il meccanismo del fuori-gioco nel calcio, ma ritengono di comprendere al primo colpo il mistero dei piazzamenti per calcolare la classifica del pattinaggio artistico e si arrabbiano furiosamente quando i giudici non si uniformano alle loro "intuizioni". All'interno della specie si individuano alcuni sottogruppi: quelle che non hanno mai messo piede prima in un palazzetto o a bordo-pista, e si presentano con tacco dodici e gonnellina a tubo e poi guardano con odio, per tutto il pomeriggio, le gradinate di cemento; quelle come me, che di solito sono mamme-chiocce e per l'occasione si trasformano in mamme- chiocciole, nel senso che si portano dietro tutta la casa: io ad esempio ho sempre cibo, acqua, ago e filo, videocamera, telefono, cerotti, occhiali da vicino e da lontano, foglietti, matita, biro (per ogni evenienza, non si sa mai...)... il tutto stipato, con perfezione millimetrica, nella borsa a spalla... salvo poi non riuscire a far rientrare tutto e dover tenere metà delle cose in mano, o in tasca...
Ma poiché della categoria delle mamme faccio parte mio malgrado, non ho la lucidità necessaria per farne un'analisi precisa. Perciò parlerò dei papà.
I papà delle pattinatrici sono di diverse categorie.
Innanzitutto ci sono quelli orgogliosissimi, che li vedi solo a guardarli: sono in genere i papà delle bambine più piccole, che non hanno problemi a vederle con le gambine nude e un po' di trucco. Sono piuttosto giovani, fanno un tifo sfegatato per tutte le ragazze della stessa società sportiva della figlia; hanno trombe da stadio e sciarpe colorate. Sono quelli che hanno più dimestichezza con lo sport, forse hanno anche figli maschi o forse no, ma non fa nessuna differenza: ciò che importa è che sono i primi fan delle loro figlie.
Innanzitutto ci sono quelli orgogliosissimi, che li vedi solo a guardarli: sono in genere i papà delle bambine più piccole, che non hanno problemi a vederle con le gambine nude e un po' di trucco. Sono piuttosto giovani, fanno un tifo sfegatato per tutte le ragazze della stessa società sportiva della figlia; hanno trombe da stadio e sciarpe colorate. Sono quelli che hanno più dimestichezza con lo sport, forse hanno anche figli maschi o forse no, ma non fa nessuna differenza: ciò che importa è che sono i primi fan delle loro figlie.
Poi ci sono quelli che vogliono avere sempre tutta la situazione sotto controllo: chiedono alla moglie: - A che ora ha mangiato la bambina? Quattro ore fa? Ma allora ha bisogno di zuccheri! Vai a darle una caramella, un succo di frutta... I pattini, sono allacciati bene? Mi pare di vedere che siano un po' allentati, vai a controllare. E l'unico motivo per cui non ci vanno di persona è che negli spogliatoi ci sono anche le ragazze più grandi...
Inoltre ci sono quelli relegati al ruolo di baby-sitter dei figli più piccoli: condannati a seguirli su e giù per i gradini del palazzetto, a portarli fuori quando si annoiano, a portarli in bagno... rischiano sempre di perdersi la gara della bimba più grande...
Inoltre ci sono quelli relegati al ruolo di baby-sitter dei figli più piccoli: condannati a seguirli su e giù per i gradini del palazzetto, a portarli fuori quando si annoiano, a portarli in bagno... rischiano sempre di perdersi la gara della bimba più grande...
Quindi ci sono quelli delle ragazzine che solo l'anno prima (o anche solo quella mattina a casa) erano bambine e adesso, in quel palazzetto sono improvvisamente ragazze – perché il pattinaggio ha questo potere: i costumi, le acconciature, il trucco, i lustrini, e i pattini, che donano dieci centimetri buoni di altezza... tutto fa sbocciare le ragazzine. Li guardi questi papà, e ti fanno tenerezza: hanno lo sguardo smarrito, osservano le loro mogli con occhi imploranti e sembra che dicano – Amore, spiegami cosa è successo per favore, e perché, e quando... E dimmi che poi passerà, e non succederà mai più!
E ancora, ci sono quelli come il Capitano, che non ci sono fisicamente perché sono al lavoro, ma che tengono il telefono sotto mano per poter essere sempre informati e gioiscono e ridono anche da lontano.
Infine ci sono quelli più tristi, quelli che uno spera di non vedere mai. Quelli che ci sono ma vorrebbero essere da qualunque altra parte. In genere sono i mariti delle mamme tacco-dodici, non sono mai stati ad una gara ed iniziano a protestare dopo circa un'ora: - Ma quanto ci vorrà ancora? Ma proprio oggi che c'è la partita? Ma secondo me perdo l'inizio... Dopo la gara della figlia non c'è verso di tenerli e decidono di tornare a casa, affidando la riconsegna della ragazzina alle amiche o all'allenatrice. Se ne vanno, e si perdono la premiazione della propria figlia al primo posto sul podio, perché così presi dal loro fastidio non si sono nemmeno resi conto che il punteggio era decisamente alto. Che tristezza preferire una partita vista alla tv alla realtà di una figlia con la coppa del vincitore in mano!
E che saggezza nella parole di quell'anziano signore, tipico esponente del buon senso delle nostre campagne, pur se ricco di spirito alcolico, che, all'uscita del palazzetto alle otto e mezza di sabato sera, esclamava nel dialetto locale: - Chì i é tuti mat! I dis “andema andema ca ghè la partida”! Ma vardè quante bele putlete e quante bele spuse ca ghè ! A sì mat a'ndar a vedar quei ca cur in mudande! Al spetacul l'è chì! (trad.: - Qui sono tutti matti! Dicono “andiamo andiamo che c'è la partita”! Ma guardate quante belle ragazze e quante belle mamme che ci sono! Siete pazzi ad andare a vedere quelli che corrono in mutande! Lo spettacolo è qui!)
Imparare a vincere
Fatina riguardava il video delle gare, in particolare della premiazione. Mentre si vede la scena in cui, sul gradino più alto, impugna la coppa e la solleva mi dice:
- Mi sentivo in imbarazzo, non sapevo bene cosa fare con la mia avversaria. Volevo darle la mano e complimentarmi, ma avevo paura che pensasse che la prendevo in giro...
- Mi sentivo in imbarazzo, non sapevo bene cosa fare con la mia avversaria. Volevo darle la mano e complimentarmi, ma avevo paura che pensasse che la prendevo in giro...
E' verissimo che nella vita bisogna saper perdere; ma ad un certo punto, prima o poi, arriva il momento in cui si deve anche imparare a vincere.
Due settimane fa
Più o meno due settimane fa, a scuola, ho sentito un colpo secco, come lo schiocco che fa un grosso ramo che si spezza, provenire dal mio corpo e ho avuto la sensazione che il pavimento fosse lontanissimo dal mio tallone. Ho tastato la parte posteriore della mia caviglia e ho sentito un impressionante e innaturale vuoto. Il mio tendine di Achille si era spezzato, improvvisamente, così, senza avvisare prima nemmeno con un dolorino piccolo.
Ci sono stati il pronto soccorso, le visite, qualche giorno a casa, l'intervento, il gesso: lungo fino all'inguine, faticoso, invalidante.
Ci sono stati il dolore, la fatica, la necessità di riorganizzarsi la vita, non solo la mia ma quella di tutta la famiglia.
Ora c'è l'attesa.
Cose che ho capito...
Cose che ho capito in queste due settimane:- nessuno è insostituibile, ma per sostituire il lavoro fisico di una mamma servono quattro persone;
- la pazienza e l'umiltà non sono di moda ma sarebbero virtù da esercitare anche in situazioni normali, per essere pronti ad ogni evenienza;
- i veri uomini non sono quelli che passano tra mille donne, magari giovani e bellissime, ma quelli che riescono ad amare la loro donna anche dopo averla vista nelle situazioni più tristi, imbarazzanti, scomode, della sua vita (questo lo avevo già capito da tempo, grazie al mio papà ed al Capitano, ma è il momento giusto per ricordarlo);
- ognuno ha qualcosa da imparare dagli altri, anche da quelli che sembrano essere gli “ultimi”: è così che sono riuscita a spostarmi per le scale, imitando i movimenti della bimba che, nella nostra scuola, sembra non smuoversi mai dalla diagnosi “età mentale 8 mesi”;
- il dolore fisico, in certi casi, riesce ad annebbiare la mente; i pensieri che ne conseguono sono talvolta, perciò, irragionevoli;
- anche i medicinali per controllare il dolore, in certi casi, annebbiano la mente; anche in questo caso i pensieri che ne conseguono sono poco significativi.
Se questo post vi sembra poco chiaro, rileggetelo soprattutto alla luce delle ultime due affermazioni ;-)
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