lunedì 30 gennaio 2012

Tutti uniti da...

La Zietta lavora a circa sessanta chilometri dalla Gabbia, in direzione sud-ovest; Luna abita, nella stessa direzione, ma a circa 250 chilometri da qui; Light-Blue invece abita a circa 50 chilometri in direzione sud-est. E' un piccolo mondo, se paragonato alla distanza che ci separa da Blue (che sta in mezzo al buio e al freddo in Islanda), ma è comunque sufficiente, a volte, per far sì che il tempo meteorologico sia molto diverso tra un luogo e l'altro.
Nella scorsa settimana la terra sotto la Gabbia ha tremato tre volte. Niente di grave, scosse lievi se paragonate ad altre situazioni, ma tre scosse in quattro giorni lasciano un po'... scossi...
Arrivati alla terza scossa, quella del venerdì pomeriggio, Werewolf era la telefono con Luna e ha avuto in diretta la notizia da lei dato che il terremoto, là, si è sentito qualche secondo prima che da noi; mentre stava per venirmelo a riferire la terra a iniziato a tremare anche qui e, insieme a Luna, abbiamo commentato in gruppo ciò che stava accadendo, in contemporanea, a 250 chilometri di distanza. Subito dopo abbiamo sentito la Zietta, che era a poca distanza dall'epicentro al quarto piano in una struttura antisismica ed ha ballato per bene, e dopo qualche minuto anche Light-Blue, come noi alla terza scossa in quattro giorni.
Ciò che non può fare, di solito, un temporale o una nevicata, è riuscito ad un altro evento naturale: tutti uniti da... un terremoto!

venerdì 20 gennaio 2012

Tre settimane di gennaio

Dall'inizio dell'anno sono passate tre settimane scarse. Cosa mai potrà succedere in tre settimane? Cosa, di rilevante, da poter essere messo in un post che riassume questo periodo?
Forse non è accaduto nulla e per questo il blog è rimasto latente?
Ma vi pare possibile che nella Gabbia e nei dintorni non accada nulla per ben tre settimane?
In realtà l'anno è iniziato sotto buoni auspici: il Capitano ed io, con abile mossa, eravamo riusciti a ritagliarci / regalarci quattro giorni – Capodanno compreso – sul lago, in un quattro stelle con un'ottima cucina e soprattutto senza figlioletti :-)
Felici di questo piccolo intervallo, il 2 gennaio ci siamo apprestati a ritornare alla città, alla Gabbia e, complici le lunghe vacanze natalizie di questo anno scolastico, senza fretta anche alla normale routine. L'effetto vacanza però è durato poco: nel pomeriggio una inaspettata (nel senso che quando è da Luna al massimo da lui ti puoi aspettare un SMS) telefonata di Werewolf ci informava che la sua auto era in officina a causa di un incidente. Nessuno si è fatto male, e questo ci confortava; ma la distanza ha reso tutto un po' più difficile da gestire: in banca per mandargli i soldi per la riparazione, all'assicurazione per la parte burocratica, in attesa per sapere se il meccanico ce l'avrebbe fatta in tempo per il giorno del rientro previsto di Werewolf, in ansia per il viaggio di ritorno che doveva fare con un'auto da portare di corsa dal carrozziere...
Werewolf è tornato l'8. Il 9 siamo tornati a scuola e l'auto è stata portata dal carrozziere. Il 10 Werewolf e il Capitano ci sono tornati per avere notizie e per ritirare il preventivo.
Il... giorno stesso, mentre a cena mi stavano elencando le varie parti dell'auto da rimettere in sesto, è arrivata una telefonata della Zietta: - Sono uscita di strada, mi puoi venire a prendere per favore?
Mai visto il Capitano (che naturalmente non mi ha lasciato andare sola) spingere così sull'acceleratore! Per fortuna anche per la Zietta solo qualche livido qua e là, ma vedere la sua auto sul carro attrezzi, ripescata dal fosso coperto di brina, in mezzo al buio della pianura, qualche brivido l'ha messo...
E tra la ripresa della scuola con annesse riunioni per iniziare a preparare le schede di valutazione e la ricerca del momento e del modo giusto per dire ai Nonni dei due incidenti, sono passati un paio di giorni. Ci siamo avvicinati al 14: giorno in cui Werewolf doveva presentare la tesina finale del corso di perfezionamento sull'attività motoria per bambini da 0 a 6 anni. Il corso è partito un anno fa, la tesina era pronta, in quanto a contenuti, già da un po'; mancava “solo” l'inserimento nello schema dato da riempire e la stampa sotto forma di poster.
Ci credereste? Il panico è arrivato proprio per questo aspetto pratico...
Ma io conosco il mio... lupo (stavo per scrivere “pollo” ma non mi sembrava carino), e in qualche ora è stato superato tutto.
La mattina del 14, con la mia auto (visto che la sua è dal carrozziere e in questa landa sempre più desolata ai treni ormai non si può nemmeno pensare) Werewolf è andato in Università e ha discusso la sua tesina, dovendo sudare sette camicie per giustificare e sostenere, in particolare, una delle sue idee. Mi sentirò per sempre in colpa... perchè quell'idea sono stata proprio io a dargliela! Sigh e sob!
E Fatina nel frattempo? E' tornata da casa di Light – Blue, è tornata a scuola, è stata interrogata un paio di volte, ha svolto un paio di verifiche e fatto una trentina di disegni, ma soprattutto l'ansia per la maturità cresce di giorno in giorno.
Per concludere le tre settimane manca tutto il sabato. Pensate che sarà una giornata tranquilla?
Domani mattina Werewolf si recherà alla cerimonia per la consegna dei diplomi, e sapremo l'entità del danno che la mia idea ha fatto. Domani pomeriggio Fatina ed il suo gruppo, dopo l'allenamento, partiranno per la provincia di Pavia, dove sono state invitate ad esibirsi ad un galà. Io andrò con lei. Ritorno previsto: circa le 2 di domani notte...
Ma almeno le prime tre settimane del 2012 saranno finite!

giovedì 19 gennaio 2012

Medicina sportiva

Non sarebbe degna di nota, l'annuale visita al centro di medicina sportiva per Fatina: ECG normale e sotto sforzo, analisi urina, prova pressione, esame della vista... Tutto come al solito, ogni anno, da 10 anni...
Non sarebbe degna di nota tale visita se non fosse che le cose sono cambiate...
Anzi, è cambiata Fatina: è diventata maggiorenne.
Perciò il disbrigo delle scartoffie in segreteria, l'anamnesi relativa all'anno trascorso, il colloquio finale con il medico... tutto da sola. Del resto, come vuole la legge, ciò che riguarda la sua salute è soggetto alla legge sulla privacy. Solo al momento di pagare il ticket sono stata chiamata in causa.

Non è nei "grandi" momenti che vedi il tempo passare. E' dai particolari che te ne rendi conto!

giovedì 5 gennaio 2012

Dal vecchio blog... (da agosto a dicembre 2011)

lunedì, 12 settembre 2011

Primo giorno di scuola

Si ritorna a scuola...
Quest'anno ritorno in prima, con i piccolini. Un po' d'ansia mi accompagna, come sempre il primo giorno, fin dai tempi in cui ero io ad andare a scuola con la cartella sulle spalle.
Quanti primi giorni di scuola ho vissuto nella mia vita? Ormai è difficile contarli tutti, e anche abbastanza inutile. Così mi concentro sui particolari: sui visi, sulle voci dei bambini di un po' di tempo fa...
L'episodio più divertente? Decisamente una bambina (ora ormai una ragazza...)che entra con la mamma, si sceglie un posto vicino alla cattedra mentre aspetta che arrivino tutti, e gira il banco di sbieco, in modo da vedere gli altri compagni. La mamma le sussurra: - Gira il banco: le maestre sono dall'altra parte- . Lei alza lo sguardo, osserva me e la collega, raddrizza il banco, poi si alza, prende lo zaino e, tutta compunta, si va a sedere... nell'ultimo banco in fondo! Mi sfugge un sorriso: l'episodio fu predittivo della carriera scolastica dell'alunna...
Solo che ora sono qui. E' quasi l'ora, la bidella chiede se può suonare la campanella: oggi l'orario per le prime è leggermente modificato, per poter accogliere meglio bambini e genitori.
Ecco... stanno entrando... l'ansia pian piano si placa: si comincia!
Un breve saluto ai genitori, qualche lacrima da asciugare, un po' di presentazioni, un gioco... e poi un po' di conversazione, per iniziare a conoscerli.

- Vedrete che alcune cose sono come quando eravate alla scuola dell'infanzia...
- Maestra! Ma io non sono andata alla scuola dell'infanzia!
-
Ma come no? Ho parlato con le tue maestre dell'anno scorso!
- Ma quelle non erano le maestre della scuola dell'infanzia, erano le maestre dell'ASILO!”
- Ma cosa volete imparare qui a scuola?
- A leggere!
- A contare!
- A scrivere!
E'  vero, impareremo tutte queste cose. Cosa vorreste scrivere?
- Io voglio scrivere AUTOSTRADA e TRENO.
-
Bene, e CAMION no?
- Sì, anche il camion va bene!
-
E tu cosa vorresti scrivere?
- Io SIRENA... e anche FATA.
-
Bene, e STREGA?
- No, strega non lo voglio scrivere, non lo voglio neanche imparare!
- Maestra, ma quando abbiamo finito di imparare a leggere, ci fai uscire in giardino a giocare?
-
Sarò molto buona: vi farò uscire anche se non abbiamo nemmeno iniziato ad imparare a leggere.
- Sei proprio buona, maestra!

Sotto il sole padano

 Sotto il sole padano abbiamo nuotato in piscina, siamo andati in barca sul lago, siamo usciti a cena, abbiamo fatto una gita in montagna, ho fatto la conserva con i pomodori dell'orto di Luna, abbiamo riso cucinato mangiato scherzato, ho ricominciato a guidare e ad andare in bicicletta, ho ricominciato ad occuparmi da sola della casa, ho letto un numero non meglio precisato di libri tanto da aver riempito la memoria dell'e-book e da aver dovuto comprare una scheda di memoria aggiuntiva, ci siamo indignati per la manovra mutaforme del governo, il Capitano si è arrabbiato più spesso del solito per svariati motivi, abbiamo accolto Luna con gioia quando è arrivata e l'abbiamo salutata con tristezza qualche giorno fa quando Werewolf l'ha riaccompagnata a casa.
Poi ci sono stati i giorni magici e stancanti del Festivaletteratura.
E poi, come al solito, è ora di tornare a scuola.
Il sole padano è ancora alto, caldo e splendente, e stamattina in aula si scoppiava dal caldo! 



giovedì, 22 settembre 2011

Bambini colorati

 
La mia classe, quest'anno, è formata da molti bambini di molti colori diversi: vengono dall'Asia, dall'America, dall'Africa, e naturalmente dall'Europa. Ed è per questo che quando ho fatto disegnare loro il proprio autoritratto non mi hanno stupito i colori poco realistici utilizzati: ognuno si vede più chiaro o più scuro o più sfumato secondo quello che è il suo termine di paragone (di solito il compagno preferito).
Tuttavia, ad un certo punto, ho visto qualcosa che non potevo lasciar passare senza commentare: è pur vero che il colore della pelle di questo bambino non ha nessun uguale in questa classe, ma disegnarsi così mi pare troppo!

- Ma perché ti sei colorato così? Questo non sei tu...
- Io oggi sono così!
- Mah... ti sto guardando ma non mi pare... spiegami meglio...
- Io oggi sono così. Tu mi hai sgridato perché ho fatto arrabbiare, io allora mi sono fatto così: con la faccia VERDE!

Krav Maga

 Il Krav Maga è una tecnica di combattimento usata soprattutto dall'esercito israeliano, è nata nella prima metà del 1900 ed è stata creata da un ex atleta ebreo che aveva necessità di difendersi, nella Germania di quel periodo... Se vi interessa saperne di più basta cercare con Google. Se vi interessa vedere com'è basta cercare su YouTube...
Per quel che riguarda gli abitanti della Gabbia, il Krav Maga è il sogno di Fatina, che fin da piccola giocava (poco) con le Barbie ma voleva diventare come Lara Croft, che non temeva nulla e nessuno; ed è il mito di Werewolf, che ama le armi in quanto oggetti ma apprezza il corpo umano come arma potentissima.
Ieri sera è iniziato, in una palestra qui vicino, un corso di Krav Maga.
Werewolf e Fatina sono partiti insieme, per provare, e sono tornati due ore dopo. Sudati, un po' pesti e felici. Sorridevano, raccontavano e... continuavano a menarsi, un po' per davvero e un po' per finta, come facevano quando erano piccoli.
Inutile dire che il Krav Maga è stato inserito a pieno titolo, sia da Werewolf che da Fatina, nelle attività sportive di quest'anno.


domenica, 25 settembre 2011

A panzainzu...

Guardando le immagini sul libro di lettura.
- In che posizione è il personaggio del nostro libro? Chi me lo sa dire?... Sì, dimmi tu!
- A panzainzu.
- Mmmm... ripeti lentamente che non ho capito bene
- A panzainzu.
- Ripeti dopo di me: PANCIA IN GIU'
- PANZAINZU
- PANCIA IN SU
- PANZAINZU.
- ... va bene... esci dal banco e mostrami la posizione del personaggio...


lunedì, 17 ottobre 2011

Cronaca di una domenica in viaggio con dodici fanciulle in fiore

ore 6.10: partenza da casa

ore 6.20: ritrovo con il resto del gruppo al casello dell'autostrada, sistemazione in autobus delle borse con i pattini, dei costumi da gara, degli accessori, dei trucchi, delle atlete, dell'allenatrice, del seguito
- uno degli autisti, piuttosto giovane, sembra frastornato e divertito dalla presenza di tutta quella gioventù femminile
ore 6.35: partenza per Corno di Rosazzo, in Friuli, a pochi chilometri dal confine sloveno
- alternanza di momenti di silenzio e scoppi di risa, di palpebre sonnecchianti e chiacchiere in caduta libera; l'autista giovane è fortunatamente molto preso dalla guida
ore 8.40: sosta in autogrill: rifornimento di dolcetti, caffè, bevande, caramelle; puntata al bagno
ore 9.15: ri-partenza con cambio di autista
- i momenti di risa, chiacchiere, scherzi diventano preponderanti; inizia ad avvertirsi un leggero stato di preoccupazione organizzativa pre-gara: ruote da cambiare, documenti da portare in segreteria, collocazione negli spogliatoi da verificare...
- la mamma-capo approfitta della forzata attenzione che le deriva dal luogo ristretto e fornisce informazioni dettagliate su tutte le attività future già calendarizzate (si presume che nessuna delle atlete le abbia veramente ascoltate, ma non si sa mai...)
- l'autista giovane, liberato dal fardello della guida, sembra molto incuriosito dal movimento e inizia ad azzardare domande, tanto per fare conversazione... purtroppo nei primi posti siedono solo genitori
ore 10.10: arrivo
- caos totale dovuto all'iniziale spaesamento in un luogo sconosciuto, superato presto grazie alla capacità di orientamento di chi sa che per forza ci devono essere una pista, degli spogliatoi ed un tavolo che funge da segreteria
- separazione delle atlete dal resto del gruppo, che da ora in poi verrà chiamato impropriamente “i genitori” (impropriamente in quanto composto dai genitori e da Light-Blue)
- le atlete si recano negli spogliatoi, individuano il luogo a loro dedicato, cambiano le ruote, si cambiano indossando la divisa e iniziano a fare riscaldamento all'aperto, a circa 8° di temperatura
- i genitori cercano l'ingresso della pista, non credono ai loro occhi quando vedono l'esiguità dello spazio dedicato al pubblico, commentano negativamente, si rassegano, infine prendono possesso di pressochè tutta la zona sinistra della tensostruttura
ore 10.52 – 11.03: provapista ufficiale: le atlete pattinano, i genitori guardano, alcuni vedono l'esibizione per la prima volta, altri assicurano che “con i costumi però fa un altro effetto” dimostrando così di avere ben compreso il concetto di “gruppo show”, l'allenatrice suda freddo
11.04 – 12.00: tempo “libero”
- le atlete si ri-cambiano indossando la tuta e vengono risucchiate non si sa bene dove né da cosa
- i genitori più fedeli restano ad osservare i provapista degli altri gruppi tanto per capire quali possano essere gli avversari più temibili e, nel contempo, restano a presidiare i posti occupati per evitare di non ritrovarne di liberi più tardi; i genitori più freddolosi vanno al bar a bere un caffè
ore 12: inizio organizzazione del pranzo
- i genitori si allontanano a malincuore dalle postazioni conquistate in mattinata, solo dopo aver marcato il territorio con borse, sciarpe, scialli; quindi si appropriano dei tavoli che man mano si liberano sotto il tendone, commentano il freddo di metà ottobre in quel luogo assolato e ventoso in vista delle montagne del Carso, vanno a mettersi in coda alla distribuzione dei pasti, vanno a recuperare atlete ed allenatrice, portano avanti e indietro i vassoi con i pasti
- le atlete si siedono e mangiano; hanno ancora fame, ri – mangiano (anoressia? fate sport sul serio e vedrete che passa...)
- i genitori più veloci ritornano alle postazioni conquistate nell'ala sinistra e, in attesa di chi si attarda a tavola, le difendono strenuamente dagli attacchi di altri branchi genitoriali in arrivo dai territori limitrofi
ore 13.30: inizio della gara
- i genitori guardano, commentano e poco più
- le atlete spariscono alla vista: di loro si hanno notizie frammentarie e sporadiche solo grazie a qualche sms che chiama la mamma di turno per un intervento urgente: capelli da raccogliere, scuciture nel costume, ecc.
- l'allenatrice inizia l'opera di camuffamento delle dodici: una regina di cuori, due ricci, nove carte da gioco per un totale di dodici visi ricoperti da fondotinta o cerone, due sopracciglia mascherate dalla cera, due nasi trasformati in musetti di riccio, quattro cuori e cinque picche disegnati sulle guance e contornati di brillantini, due occhi truccati paurosamente da regina di cuori, diciotto occhi truccati e completati dall'applicazione di ciglia finte, cinque bocche con rossetto nero e quattro con rossetto rosso; si verrà a a sapere in seguito che questa operazione ha messo seriamente a repentaglio la sua salute mentale
ore 15.30: si fa palpabile l'attesa
- le atlete ricompaiono, nella zona loro riservata;
- tra i genitori sale la tensione: si registrano discussioni tra mamme estremiste relativamente alle esibizioni degli altri gruppi, ai loro costumi, alle scelte dell'allenatrice in fatti di ruote, ecc.
ore 16.10: ancora un gruppo prima del nostro...
ore 16.20: parte la musica: l'esibizione si apre con un sollevamento (nessuno l'aveva mai fatto prima: come la vedranno i giudici?), la regina in trono, le carte che marciano, le trombe che squillano... poi entrano i ricci, la regina scende, inizia a dare ordini: di qua, di là... le carte eseguono, i ricci sbeffeggiano... un applauso, un altro, un boato alla fine! Certo, siamo stati noi ad iniziare, ma noi da soli non facciamo una confusione simile... l'allenatrice saltella e sorride, che sia andata bene?
Ore 16.26: “Giuria, punteggio”... un attimo in sospeso, con il cuore in gola... e vediamo e sentiamo: tutti sopra il sette: nessuno degli altri gruppi, fino ad ora, ha avuto questo risultato
- le atlete saltano e si abbracciano, corrono dall'allenatrice, che ha un sorriso che illumina tutta la pista
- i genitori urlano e strepitano, applaudono, incitano... i genitori degli “altri” sorridono, un po' divertiti e un po' amari, e alla fine applaudono
mancano altri quattro gruppi, ma chi ce la fa a restare dentro a prendere i punteggi? Dobbiamo correre ad abbracciare le nostre ragazze! E intanto un orecchio resta teso all'interno... nessuno sopra il sette per ora... nessuno sopra il sette fino alla fine... Sììììììì!
Ce l'hanno fatta! Hanno vinto! Loro dodici, la loro mitica allenatrice e un po', ma solo un po', anche tutti noi: che le portiamo agli allenamenti, le confortiamo, le aiutiamo a studiare quando hanno poco tempo, paghiamo i costumi, ci improvvisiamo costumisti e attrezzisti e oggi anche fotografi e cineoperatori.
La gara continua con le altre categorie, ma loro ormai ce l'hanno fatta!
ore 18.30: iniziano le premiazioni, c'è ormai un freddo terribile, le porte sono tutte spalancate perché all'interno non c'è più posto per tutti: c'è troppa gente; i personaggi pubblici che devono parlare cercano di essere veloci, ma non è proprio il loro forte... una categoria, l'altra, un'altra... e finalmente loro: “Al primo posto...” le nostre ragazze! Il vicesindaco consegna loro la coppa. Le ragazze vorrebbero passarla alla regina, che è indiscutibilmente la leader del gruppo, ma lei ha già lo scettro, così la passa alle carte, e la coppa, finalmente, si alza!
ore 19.30: in ritardo di un'ora e mezza ritorniamo all'autobus; gli autisti ci “perdonano” perché le ragazze hanno vinto; borse, abiti e tutto il resto sono sistemati con un po' meno attenzione rispetto a questa mattina; l'autista giovane sorride, scherza, ora c'è di nuovo l'altro alla guida. In autobus si sta bene, finalmente al caldo dopo tutto il freddo della giornata: è il momento delle telefonate, degli sms... il presidente risponde preoccupato: facendo i complimenti chiede se questa vittoria significhi una fase successiva, cioè altre spese e altre trasferte... Qualcuno decide che l'indomani non andrà a scuola, qualcuno mette in comune gli spuntini che si era portato, qualcuno mostra le foto sul cellulare... poi la stanchezza prende il sopravvento e, in meno di mezz'ora, il silenzio cala nell'autobus
ore 21.45: sosta all'autogrill: i visi mostrano, anche sotto il trucco, tutta la stanchezza della giornata... un panino, il bagno, qualcosa da bere, e si riparte, con l'autista giovane alla guida. Forse è stanco anche lui, forse frastornato dalla vitalità delle nostre dodici ragazze: a trenta chilometri dall'arrivo sbaglia svincolo dell'autostrada; dobbiamo allungare ancora un po' il viaggio
ore 22.45: ci siamo finalmente: scarichiamo tutto, gli ultimi vicendevoli complimenti, gli ultimi saluti.
La giornata è finita: “Ragazze, domani allenamento alla solita ora!”
 
mercoledì, 02 novembre 2011

Una piccola bara bianca

La chiesa è la stessa di quasi vent'anni fa... solo, oggi, nonostante i restauri, appare più fredda e più tetra di allora... il sacerdote è sempre quello che diceva messa con Werewolf sotto l'altare, a giocare con le macchinine... i visi familiari... solo con qualche ruga o qualche capello bianco sul capo. E' tanto che non ci si trova tutto quanti qui... Il tempo divide, scombina le strade e porta le persone, che in un pezzo di vita sono state molto vicine, a perdersi per il mondo...
Oggi però siamo di nuovo tutti qui.
Il Capitano ed io entriamo per mano: è difficile oggi questo percorso fatto tante volte... Salutiamo i volti noti, gli amici. Vediamo anche lei, con suo marito, attorniata da tanta gente che si avvicina, che l'abbraccia. E' per lei che siamo qui, è soprattutto per lei, che era una delle ragazzine che frequentavano la nostra casa quando Werewolf era piccolo, che passavano da noi le sere, le domeniche pomeriggio ed ogni momento in cui c'era bisogno di un rifugio. Lei che ha addobbato il chiostro quando abbiamo battezzato Fatina, che ha animato le feste di compleanno di Werewolf, che voleva fare la maestra... Lei che ha affrontato prove terribili, in qual periodo: la morte del suo papà, la perdita della casa... lei che sembrava sconfitta e che poi ce l'ha fatta, ed è cresciuta ed è diventata una donna e una maestra.
Siamo qui per lei, e per quella piccola bara bianca posata davanti all'altare nella quale dorme il suo bambino.


giovedì, 03 novembre 2011

Che è successo in questo periodo?

 A parte la pagina triste di ieri, triste davvero tanto, cos'altro è successo in queste settimane di “silenzio”?
Prima di tutto c'è stata la festa di anniversario dei nonni: 50 anni di matrimonio, celebrati prima in modo ristretto il giorno esatto e poi, due giorni dopo, con amici e parenti in pompa magna, con chiesa, fiori, regali, ristorante, confetti...
Poi c'è stato il soggiorno di Luna qui, a farci trascorrere qualche giorno come fosse estate, a tavola insieme, a chiacchierare e a ridere.
Quindi c'è stata l'avaria contemporanea di frigorifero e lavatrice, con conseguente riorganizzazione della spesa, della cucina, dei lavaggi per il tempo necessario all'acquisto e alla consegna dei nuovi elettrodomestici (e già che c'eravamo con successivo riammodernamento della lavanderia) e poi è venuto il numero non definito di lavaggi per recuperare il tempo perduto.
Infine c'è stato Halloween, con Fatina a divertirsi con le amiche, e la festa dei Santi con la castagnata nel cortile della parrocchia a reincontrare gli amici di sempre.
Insomma, c'è stata tanta vita, come sempre, nella Gabbia. E poco tempo per descriverla.


mercoledì, 09 novembre 2011

Colloqui coi genitori

Quando ero più giovane non mi pare di avere incontrato tanti casi di famiglie difficili: forse erano altri tempi, o forse i genitori non se la sentivano di raccontare la loro storia ad una maestrina giovane... Ora che sono quasi vecchia invece magari, chissà, forse la gente pensa che non mi scandalizzi più di niente...
E in effetti un po' è davvero così: non mi scandalizzo mai più di tanto (e, a dire la verità, probabilmente non mi sarei scandalizzata nemmeno vent'anni fa). Però poi ci soffro: soffro per quei bambini che vivono situazioni in cui anche un adulto non reggerebbe; soffro nell'ascoltare quelle mamme invecchiate troppo in fretta sotto il peso di una storia difficile persino da raccontare, figuriamoci da vivere; soffro guardando bambini che cercano affetto ed attenzione nell'unico modo che conoscono: a volte picchiando, a volte urlando, a volte isolandosi nel loro mondo; soffro quando li scopro felici dopo un rimprovero o una punizione, perché questo prova loro che esistono.
Soffro e penso a quale grande dono sia la normalità: una vita normale, una casa normale, una famiglia normale. E non parlo di normalità fatta di monotonia e di stereotipi: non solo una mamma, un papà, i figli, ma anche una mamma e i figli e basta, o una mamma, il nuovo compagno e il papà, o tante altre variabili: tutto può essere “normale” se nella testa degli adulti c'è buonsenso.
Purtroppo spesso non è così: bambini di sei anni costretti a quattro allenamenti a settimana per diventare campioni; bambini che passano ogni giorno in una casa diversa: mamma, papà, nonni, zii...; bambini usati come armi improprie: imbottiti di notizie troppo grandi per loro sull'altro genitore, riempiti di nozioni per mostrare di essere migliori di chiunque altro, tirati qua e là da un “se vuoi bene a lui non vuoi bene a me”...
La normalità, così anonima e bistrattata, dovrebbe essere rivalutata!


giovedì, 10 novembre 2011

Conchiglie

Mercoledì. Sera dell'allenamento di Krav Maga. Dopo la doccia, mentre spalmo Fatina di lasonil qua e là...
- Scusa eh, capisco i lividi sulle braccia... capisco anche il graffio... ma il livido sul dorso della mano come hai fatto a fartelo, sei caduta?

- No! Credo di aver dato troppi pugni sulla conchiglia del mio avversario.
- ...???
- Non preoccuparti mamma, stasera non era Werewolf!


lunedì, 12 dicembre 2011

18

 
18 anni fa, a quest'ora, stavi per arrivare tu...

 
Buon Compleanno Cucciola...

18a







Dal vecchio blog... (da maggio ad agosto 2011)

lunedì, 02 maggio 2011

Il segretario

Werewolf è la negazione dell'organizzazione e dell'ordine: a partire dalla sua stanza, per arrivare agli appunti... E' un problema che ha sempre avuto: un po' grazie alla testa nelle nuvole e un po' grazie ad una sua “costituzione interna”.
Sono convinta che, nel suo pur difficile lavoro, che investe pesantemente i rapporti umani, egli ritenga comunque la parte più difficile e faticosa quella che concerne la compilazione di tabelle orarie, calcolo delle ore e invio delle stesse nei tempi stabiliti.
Tuttavia, per motivi di indiscutibile comodità e praticità (la sua sede di lavoro è nella scuola in cui ha sede la mia segreteria) ho deciso di affidare a lui il compito di trasmissione dei documenti e di collegamento “pratico” tra me e la scuola sia per la procedura dell'infortunio che per i documenti scolastici (registri, verifiche, ecc.). Mal che vada, mi sono detta, mi chiameranno e manderò il Capitano...
Invece...
Invece a quasi un mese dall'infortunio sto continuando ad affidargli, con sempre crescente tranquillità, ogni tipo di documenti (stamattina i registri con i voti...); non solo: mi arrivano dalla segreteria, tramite lui, i moduli da compilare: si ricorda subito di consegnarmeli e poi di restituirli il giorno dopo!
Se me l'avessero detto non ci avrei creduto... Adesso, invece, LO SO!

Tra donne

Quando la nonna I., negli ultimi anni della sua vita, ha iniziato a stare male, aveva talvolta bisogno di essere accudita fisicamente. Non avevo problemi a farlo, erano altre, a volte, le cose che mi pesavano. Eppure lei mi chiedeva scusa e mi ringraziava per ogni piccola cosa, tanto che a volte dovevo dirle di non farlo, perché se qualcuno sta male ha il diritto di essere accudito...
Dentro di me, però, capivo la sua difficoltà ad essere toccata o aiutata in situazioni sgradevoli da una persona con la quale non aveva “confidenza fisica” ma con cui non c'era lo stesso distacco che può esserci con un estraneo; mi mettevo nei suoi panni e sapevo che avrei provato lo stesso disagio.
Ho sempre ringraziato il Signore per il dono della maternità, i miei figli sono le due gioie più grandi (e a volte anche le preoccupazioni più grandi...) della mia vita, ma fu in quel periodo che iniziai a ringraziarlo anche per avermi dato due figli diversi, per carattere, ma anche per sesso. Fu allora che iniziai a ringrazialo per avermi dato anche una figlia femmina.
Diverse volte, in questi giorni, ho pensato alla nonna I.. C'è solo una parte del mio corpo, in questo periodo, che non riesco a raggiungere per le normali operazioni di lavaggio: la punta del piede destro, quella che spunta dal gesso. Ed è Fatina ad occuparsene. Potrebbero farlo anche Werewolf o il Capitano, naturalmente, ma io sono contenta che ci sia lei: il contatto fisico è più spontaneo, più semplice, ed ogni cosa che lei fa per me è un abbraccio.
E se penso agli anni futuri ringrazio ancor di più il Signore di avere una figlia femmina.


mercoledì, 18 maggio 2011

Caro Capitano

Caro Capitano,
che vai al lavoro e quando sei a casa vai a fare la spesa, cucini, fai partire qualche lavatrice, porti Fatina agli allenamenti (cioè fai solo una parte delle cose che di solito faccio io) e nel frattempo cerchi di salvaguardare le tue flotte su OGame e i tuoi personaggi negli altri giochi on-line, che mi accompagni alle visite di controllo spingendo la sedia a rotelle come un badante moldavo (che non esiste, ma ci fa tanto ridere)... caro Capitano, stanotte ti ho sognato.
Era un sogno giovane e proletario: eravamo ragazzi e lavoravamo in fabbrica, mi dovevi insegnare a usare una macchina, ma non volevi farlo, volevi sostituirti a me... io mi arrabbiavo molto, chiedevo aiuto ad altri, ma nessuno voleva insegnarmi perchè temevano che tu facessi loro del male...
Io lo so che nei sogni funziona il transfer, che (più o meno) io ero te e tu eri me, anche se ci sono particolari che non mi sono ben chiari.
Insomma, lo so che sono mediamente insopportabile, ma porta pazienza: con chi vuoi che me la prenda? Con Fatina, che già è agitatissima di suo per tutti gli impegni di fine scuola e per la sua ansia perenne? Con Werewolf, che si fa scivolare tutto addosso e non ti dà soddisfazione e, se proprio lo sgridi, ti guarda con aria da cucciolo? Allora ci sei tu...
Dai, sopportami ancora un po'! Spero che manchi poco, e poi potrò ritornare ad occupare le mie posizioni abituali e tu le tue!
Ti voglio bene!

La terza volta

Per la terza volta, da quando insegno (cioè quasi trent'anni, tanto per rassicurare il ministro Brunetta e il ministro Gelmini) l'anno scolastico per me è finito qualche giorno prima delle vacanze di Pasqua.
Le occasioni precedenti erano, a dir la verità, un po' più gioiose (anche se solo a ripensarci ora, dato che all'epoca stavo decisamente peggio di oggi): erano, in entrambi i casi, i primi mesi di gravidanza, prima per Werewolf e poi per Fatina. Li ho trascorsi in ospedale, per buona parte, a tentare di contrastare gli effetti di un vomito gravidico che niente aveva di normale (e infatti mi hanno dovuto ricoverare in entrambi i casi...) ed è durato fino a dieci giorni dopo il parto. E il bello è che i ricoveri non erano finalizzati a far star meglio me, ma a proteggere i bambini, che in realtà stavano benissimo e sono nati pasciuti e cicciottelli (per fortuna!). Solo alcuni anni dopo, in modo del tutto casuale, ho saputo che, probabilmente, si trattava di una particolare forma di epatite benigna che si sviluppa, a determinate condizioni, in gravidanza.
Comunque stavolta la causa è un'altra ma gli effetti sono gli stessi. Stare a casa così, di botto, vuol dire una settimana di affanno se i registri non sono pronti: cioè se i risultati delle verifiche sono ancora in parte nell'agenda, le osservazioni sugli alunni sono parziali, la programmazione, invece di essere bella agganciata e ordinata, è sparsa tra i vari libri che usi tutti i giorni. E allora, anche se non stai troppo bene, è tutto un frugare nella borsa di scuola alla ricerca di qualcosa che sai di avere fatto, ma non sai bene dov'è.
A parte questo, poi salti i colloqui con i genitori, gli scrutini, la consegna delle schede di valutazione, lo spettacolo di fine anno, a volte la gita. Per alcuni di questi motivi sei felice, per altri sei un po' triste, ma in realtà non c'è molto da fare.
Chi sta a casa solo se sta male davvero non ha scelta.


iovedì, 19 maggio 2011

Tecnologia

 Amo la tecnologia... amo le macchine in generale, ma la tecnologia ha il primo posto nella mia personale scala di gradimento.
Computer, cellulare, mp3, fotocamera, videocamera, ebook... quello che non ho ha un solo difetto: costa troppo...
Non che rincorra gli ultimi modelli, sia ben chiaro. Semplicemente mi piace scrutare il mondo attraverso bit e pixel. E' uno sfizio, un divertimento, a volte un valore aggiunto anche nel lavoro.
Però...
Però in questo mese e mezzo le cose sono cambiate.
Non solo, più, divertimento; non solo qualcosa in più a scuola.
La tecnologia è diventata ancora di salvezza, ponte non interrotto tra me e il mondo, strumento che rende un po' più semplice un momento complicato.
E così, nel primo periodo in cui era difficile anche aprire il portatile, la connessione a internet col cellulare mi ha permesso almeno di leggere le mail e i messaggi su faccialibro, e anche di rispondere: il cellulare è piccolo, ci si riesce comodamente anche stando sdraiati...
I documenti, i materiali urgenti da spedire alle colleghe, o quelli che era necessario che io vedessi: via agli allegati di posta elettronica e non ho dovuto far correre nessuno tra casa e scuola.
Ma soprattutto lui: quello che è stato davvero il mio compagno inseparabile, giorno e notte, che mi ha permesso di isolarmi un po' dal dolore fisico, che mi ha accompagnato nelle prime notti insonni, che ha sostituito montagne instabili sul comodino e commissioni da assegnare per che si recava in libreria... lui: l'ebook reader.
Leggero leggero, molto meno di un libro. Bello da leggere, facile per gli occhi, senza tutto lo sfarfallamento dello schermo del pc, e con l'opzione per ingrandire i caratteri a piacimento. Pronto per accogliere i classici, o una raccolta di autori di fine ottocento, che mi piacciono tanto (e basta andare nel progetto Manuzio per trovare una biblioteca gratuita ed immensa), o le ultime novità editoriali (e i negozi on-line si sprecano). Tutto lì, nello spazio che occupa un tascabile, senza ansie di spazio in una casa dove ormai i libri sono ovunque...
E poi oggi, l'ultima piccola soddisfazione: ormai capace di stare al computer per un lasso di tempo dignitoso, una chiamata in chat:
“Ciao Maestra” era una delle bambine della classe in cui insegno per meno ore, una quarta in cui faccio anche informatica. Ha voluto sapere come stavo, qualche curiosità sugli aspetti pratici della mia vita in questo periodo (“ma come fai a cucinare?”), qualche notizia dello spettacolo scolastico dei giorni scorsi, e poi: “Maestra, ti voglio bene!” “Prego tutte le sere per te, sai?”

Chi lo dice che i computer sono freddi? Basta non dimenticarsi che dietro ci sono sempre le persone!
Grazie tecnologia! Stai rendendo un po' più semplice questo periodo complicato.


venerdì, 20 maggio 2011

21

BUON
COMPLEANNO
LUNA!

GIULIA1


giovedì, 26 maggio 2011

Caro papà

 Caro papà, ti ricordi? Io ero una ragazzina di dodici, tredici anni, e tu un bellissimo papà, alto, magro e aitante, appena brizzolato. Ti ricordi? Correvamo sulla spiaggia di Cervia, io e te, la mattina, quando eravamo in vacanza. Non ho mai amato lo sport, e infatti faticavo a tenere il tuo passo per un po', tu avevi le gambe lunghe e instancabili, allora... ma mi piaceva correre con te, sulla spiaggia.
Ti ricordi, papà, quando andavamo al porto a piedi, a vedere il pesce? Io non amavo alzarmi presto, ma qualche volta sono venuta ugualmente con te... mi è sempre piaciuto camminare al tuo fianco.
Ieri mattina tu eri qui, a casa mia. A casa tua troppo trambusto, in mezzo al trasloco: sei stato qui con me, con noi, finchè la situazione si è tranquillizzata. Del resto, anch'io non potevo esserci ad aiutare la Nonna e la Zietta.
Io e te non ci vedevamo da un mese e mezzo, da quando il mio tendine ha deciso di spezzarsi. Abbiamo chiacchierato tanto, dovevamo raccontarci tante cose.
Poi, durante una pausa, ho visto noi due come se guardassi da fuori: quattro stampelle e una sedia a rotelle... organizzazione dello spazio per poterci sedere a tavola...
Un po' faceva ridere e un po' era triste... Certo, è una situazione temporanea, ma correre in riva al mare insieme non so se ce la faremo ancora...
Però almeno, quando andiamo a Cervia, due passi sulla battigia ce li facciamo?

Il trasloco

Ieri i Nonni hanno traslocato: in una casa più piccola ma più confortevole, e soprattutto da un secondo piano senza ascensore ad un piano terra.
Sono stati quarantuno anni in quella casa: ci sono arrivati che erano ancora quasi giovani, con due bambine abbastanza piccole (allora io avevo otto anni, la zietta quattro), ci hanno passato una vita... momenti belli e momenti tristi... periodi felici e periodi difficili...
Le figlie che crescono, si diplomano, se ne vanno in una casa loro; i nipotini che nascono, e poi crescono anche loro, e arrivano con i morosi; le malattie, i ricoveri in ospedale, i ritorni a casa, le riprese; i lutti; le fatiche quotidiane; le piccole gioie, le piccole delusioni; il lavoro, la pensione... Insomma, la vita.
E adesso, la casa che sentivi tua, diventata alla fine quasi nemica: troppo faticosa da vivere quotidianamente, troppo poco sicura, troppo grande, troppo in alto... troppo.
E così si riparte. Evviva i nonni! Un brindisi alla nuova casa!


domenica, 29 maggio 2011

La stazione eretta

Ebbene, il giorno doveva arrivare ed è arrivato.
Sei settimane di gesso, detto così, quando le hai davanti, sembrano eterne... Invece, prima o poi, arriva il momento in cui finiscono.
Sono andata dall'ortopedico, che mi ha tolto il gambaletto rigido, mi ha girato la caviglia, palpato il polpaccio, spinto l'avampiede e poi ha detto: va bene, appoggi pure, carico progressivo – mi raccomando senza esagerare – per ora con le due stampelle, tacco da cinque centimetri, e un po' di fisioterapia.
Così ho potuto definitivamente abbandonare la sedia a rotelle che mi ha accolto per un mese e mezzo e, complice anche il tacco cinque, che io non portavo nemmeno prima di farmi male, ho ripreso a vedere il mondo con una visuale “adulta” ed ho finalmente capito quale forza dirompente abbia spinto l'uomo primitivo a trasformarsi da quadrupede in bipede, e quale energia spinga ancor oggi i cuccioli d'uomo ad abbandonare il rassicurante gattonamento per la più insicura, ma decisamente più accattivante, stazione eretta!


mercoledì, 08 giugno 2011

La rete

 Quando, un po' di anni fa, il Capitano decise di regalarmi la rete wireless per connettermi con il portatile senza dover tirare cavi di rete in giro per la casa (e fu davvero un bellissimo regalo!), chiamo una coppia di amici informatici che, per lavoro, si occupano di reti aziendali.
Chiese una rete supersicura in cui non potesse entrare “nessuno tranne lei” (che poi sarei io, o meglio la scheda pcmci da inserire nel mio computer...). Forse sarebbe bastata una password, o al limite due per fare in modo che nessuno potesse utilizzare la nostra rete per fare i comodi suoi... In fondo non è che noi abbiamo segreti aziendali da tenere nascosti...
Gli amici informatici invece lo presero sul serio. Tanto sul serio che, a tutt'oggi, nessuno tranne la mia scheda, è riuscito ad entrare nella rete nonostante i parametri, la password, la passphrase, l'abilitazione di tutte le più strane modalità possibili abilitate sugli altri computer....
Non il mio computer nuovo con la sua capacità di connettersi direttamente senza bisogno di schede (e infatti per connettermi devo sempre usare la vecchia schedina, che tra l'altro mi consente di accedere solo a questa rete wireless e non a altre...).
Non la psp di Luna quando è venuta qui, che invece si è connessa agevolmente a Vienna e a Parigi.
Non il portatile di Light-Blue, che magari gli farebbe comodo connettere quando viene qui, anche solo per leggere la posta.
Non il portatile di Blue, che provò a connettersi quando aveva ormai dismesso la sua adsl poco prima di partire per l'Islanda.
Non la wii, per giocare con gli amici o gli zietti.
Non il ds di Werewolf e nemmeno il suo nuovo portatile.
Niente.
Fino a stasera il Capitano ha ignorato il problema, sostenendo che si poteva entrare solo se lui ti abilitava (nonostante in questo modo apparisse che, evidentemente, era lui che non voleva abilitare nulla e nessuno...).
Stasera, dopo aver tentato di inserire i dati nel portatile di Werewolf, dopo averlo abilitato, dopo aver tentato di incolpare il software di Werewolf (!) appare invece leggermente titubante nella sua sicurezza, e finalmente ha ammesso, in via del tutto ipotetica, la possibilità di rivedere i parametri di sicurezza della rete...
Prima o poi, tutte le certezze si scalfiscono, in fondo! Basta avere pazienza...


venerdì, 10 giugno 2011

La figlia di Wonder Woman

La nonna G, la mia mamma, è, in alcune occasioni, una vera forza della natura: quando si tratta di pulire, spostare, lavare, riassettare non c'è verso di fermarla.
E' un panzer, un caterpillar... non si arresta fino a quando tutto non è esattamente come deve essere, cioè come lei decide che sia. Del resto, è l'unica persona che io conosca che due giorni dopo il trasloco non aveva più scatoloni in giro per la casa...
A volte la invidio e, allo stesso tempo, a volte mi indispettisce: sono altre le priorità, mi dico, che non siano la casa perfettamente pulita ed in ordine. E' il mio mantra, la mia ancora di salvezza nei periodi di superlavoro in cui riesco a malapena a pulire il bagno al sabato...
Ma evidentemente, che sia per causa genetica, che sia per causa ambientale, buon sangue non mente e ogni tanto anche a me prende la foga di fare tutto e finire in fretta: insomma, ogni tanto mi ricordo di essere la figlia di Wonder Woman.
Così oggi pomeriggio, quando è venuta la fisioterapista per gli esercizi, ero in uno stato pietoso dato che stamattina, con la signora che viene ad aiutarmi per le pulizie in questo periodo, abbiamo finito di pulire a fondo la cucina: il tendine dolorante, la gamba gonfia, la cicatrice pulsante, le forze azzerate nonostante avessi dormito un'ora prima del suo arrivo.
Mi ha sgridato, mi ha fatto promettere di non farlo più.
Ho promesso.
Spero di riuscire a mantenere la parola, ma non ne sono sicura: perchè lo so che la figlia di Wonder Woman è sempre in agguato!


lunedì, 13 giugno 2011

Lei

Lei ha, giorno più giorno meno, la stessa età di Fatina: quando andavano alle elementari festeggiavano il compleanno insieme.
Lei ha una famiglia normale: gente tranquilla, attenta ai propri figli.
Lei, quando era piccola, veniva talvolta a giocare qui con Fatina, e Fatina andava a casa sua: Barbie, computer, musica, palla...
Ieri, alla mia prima uscita per svago dopo l'incidente, io ed il Capitano l'abbiamo incontrata: con suo fratello al fianco e la mamma ed il papà dietro, sorridenti: era abbastanza smagrita e aveva l'aria un po' stanca.
Spingeva una carrozzina, e dentro c'era il suo bambino: un cuccioletto morettino come lei, nato da due settimane. Ci siamo avvicinati, le abbiamo fatto i complimenti e li abbiamo fatti anche ai neo-nonni. Hanno sorriso, loro, ed ha sorriso anche Lei.
Non c'è un papà in questa storia. O meglio, evidentemente c'è. Ma Lei non ha voluto dire a nessuno chi è. Chissà, forse lui non voleva il bambino, o forse aveva altri impegni, o altri progetti...
In ogni caso Lei ha scelto di tenere il proprio bambino così, da sola, senza mai tentennare nella scelta.
E' una ragazzina, è ancora minorenne, è ancora sotto tutela dei genitori lei stessa. Ma ha scelto che il suo bambino vivesse, ha scelto di parlare con la sua famiglia, ha scelto, coraggiosamente, la vita. Brava Lei! Ottima scelta. E tanti, tanti auguri


giovedì, 23 giugno 2011

Lui

 Lui ha la stessa età di Werewolf, 23 anni.
Lui è uno dei cugini del Belgio.
Lui è un ragazzo carino e simpatico, tanto da far dire a Fatina, un po' di tempo fa: - Peccato sia un cugino!
Lui lavora in ospedale, in un laboratorio di ricerca sui tumori.
Lui, una decina di anni fa, ha rischiato di perdere la mamma per un tumore al seno, e probabilmente ha scelto questo lavoro per quel motivo.
Lui non è laureato: finita la scuola superiore ha fatto un corso di specializzazione di due anni e subito dopo ha iniziato a lavorare.
Lui non è un genio, ne' un nerd, ne' un tipo strano: va in vacanza con la ragazza, va alle partite dello Standard, va in giro con gli amici.
Lui si è potuto comprare l'auto da solo e tra un po', se vorrà, potrà andare a vivere per conto suo.
Lui è europeo, come Werewolf e Fatina, ma sembra figlio di un'altra Europa...


venerdì, 24 giugno 2011

Fatina colpisce ancora

 Fatina, che da quando ha l'uso della parola è una incredibile “produttrice” di gaffes, anche questa volta non ci ha deluso...
Pista di pattinaggio in estate: i gruppi non sono così “chiusi” come durante gli allenamenti invernali, così capita che pattinino contemporaneamente grandi e piccoli, per limitare i costi della pista; pausa per bere: anche il sole delle sei del pomeriggio è caldo. L'allenatrice, circondata di piccolini, beve e chiacchiera con Fatina, che a sua volta è andata a dissetarsi.
- Fatina, sei quasi maggiorenne vero? Non ti piacerebbe fare il corso da allenatrice, così potresti aiutarmi con i piccoli...
- No, no, assolutamente no..
- Ma perché?
Me li vedo gli occhioni spalancati dei piccolini, che ascoltano i discorsi dei grandi... gli sguardi che si girano verso Fatina...
- No no, guarda... IO I BAMBINI LI ODIO!!!!


martedì, 05 luglio 2011

Grazie

Una società sportiva è fatta da atleti e allenatori, è chiaro: li vedi sempre sono lì, in allenamento... in gara...
Ma è fatta anche da chi si occupa della parte più noiosa, quella amministrativa. Certo meno evidente, non meno importante.
Gianni raccoglieva le quote, manteneva i contatti con la federazione, si occupava di dove fare gli allenamenti, prenotava le visite alla medicina sportiva e andava a ritirare i referti, preparava i cartellini, iscriveva le atlete alle gare, preparava gli elenchi... non c'era allenamento in cui tu non lo vedessi comparire, all'inizio o alla fine.
Poi, improvvisamente, un anno fa, la malattia.
Gianni stamattina era in una bara di legno, con indosso la divisa della sua società, quella di pattinaggio di Fatina.
E non ci sono altre parole se non queste: grazie di tutto, Gianni.



venerdì, 08 luglio 2011

Tre mesi

Tre mesi fa ero, incredula, a letto con il gesso alla gamba. Non sapevo bene a cosa sarei andata incontro, sapevo solo che sarebbe stato un lungo percorso...
Il giorno dopo l'ortopedico avrebbe risposto, ad una mia precisa domanda: “In media servono tre mesi dall'intervento per poter tornare a camminare normalmente. Per lei potrebbe volerci un po' di più... o magari anche un po' di meno...”
A distanza di tre mesi dall'incidente (e non dall'intervento) posso finalmente dire di essere assolutamente nella media.
Pian piano, senza che me ne accorgessi, è ritornata la vita di tutti i giorni. Come un anno fa, stasera sono qui tutti i ragazzi, e ci sono letti cambiati e da cambiare, valigie disfatte e da fare.
Domani una parte di noi partirà per il mare...
Unico segno evidente dell'infortunio di tre mesi fa: quest'anno niente vacanza all'estero... troppo faticoso, ancora, camminare per giorni nelle capitali d'Europa.
Forse, se il Capitano avesse avuto le ferie ad agosto, non ci saremmo accorti nemmeno di quello...


domenica, 17 luglio 2011

Eroi...

 Atreyu e Bastian de “La Storia Infinita”; Maverick di “Top Gun”, Fievel, Piedino, Peter Pan, Bambi, Simba de “Il re leone”,  Guybrush Threepwood  di “Monkey Island”, Marty di “Ritorno al Futuro” e sicuramente tanto altri che io non so o non ricordo...
Che fossero libri, film o videogiochi, Werewolf ha sempre amato le storie ed ha passato la sua infanzia ad immedesimarsi ora con uno ora con l'altro dei suoi personaggi preferiti: in ognuno di essi ritrovava un pezzetto di sé, e ciò bastava a far scattare il meccanismo. Volava sul Fortunadrago o sull'F-14... si spostava sulla DeLorean... mangiava foglie-stella... sbarcava in America... ma soprattutto era triste con Bambi e Simba, era un eroe con Maverick, era libero con Peter Pan...
Poteva Harry Potter mancare in questo elenco? Proprio Harry, così somigliante a Werewolf: basso di statura con gli occhiali che si rompono spesso, ma di cui non si può fare a meno, con il ciuffetto nero sulla fronte e i capelli arruffati, incapace di tollerare i soprusi e con un grande cuore... Poteva mancare proprio Harry, che è cresciuto pian piano con Werewolf?
Certo che no. I suoi libri lo hanno accompagnato mentre cresceva, aspettando sempre l'episodio nuovo, tanto da doverli acquistare in inglese per leggerli prima. I film hanno, per un po', riempito le attese e poi colmato il vuoto rimasto quando si sapeva già “come andava a finire”. Ora è uscita anche l'ultima parte dell'ultimo film. L'abbiamo visto, al cinema, stasera.
La storia si è conclusa: Harry è cresciuto, non è più un ragazzo, anche se magari avrebbe voluto rimanere più giovane per un po'. Non c'è più nulla da aspettare.
E anche Werewolf è cresciuto. Come Harry, è diventato un uomo.
p.s.: il libro e il film in realtà si concludono con un “19 anni dopo”: a quello non ci siamo ancora arrivati... c'è tempo.


martedì, 19 luglio 2011

Visita di cortesia

Giornata grigia oggi. Pioviggina, niente piscina.
A metà pomeriggio arrivano, non preannunciate, tre amiche di Fatina, in visita, due sono sorelle, figlie di amici di famiglia. Strana la cosa: normalmente telefonano, o si vedono direttamente in piscina.
Chiacchierano per un po', si aggiornano sui risultati dell'anno scolastico, ridono, si raccontano...
Poi, all'improvviso, una si fa avanti: - E tuo fratello, Fatina?
- E' in Toscana, dalla sua morosa.-
Cala il gelo, ed il silenzio.
Dura poco, e pian piano il cicaleccio di quattro ragazze che chiacchierano insieme assorbe l'imbarazzo.
Fatina non si rende conto di niente, il Capitano ed io, nell'altra stanza, sorridiamo; ecco il vero motivo della visita a sorpresa: avere notizie su Werewolf!
p.s.: care ragazze, anche se Werewolf non fosse stato impegnato credo proprio che vi sarebbe andata male: il vostro papà è per lui un mostro sacro, uno dei suoi “maestri”, una di quelle persone a cui lui si ispira nella vita; e visto anche il sangue meridionale che scorre nelle vene sia di Werewolf che del vostro papà, mai e poi mai egli oserebbe guardare una di voi due in modo più che fraterno :-)


sabato, 23 luglio 2011

Un bel film

 In auto, conversazione tra Fatina e LightBlue:
F. - Sta per uscire un bel film, mi piacerebbe andare a vederlo... E' la storia di una ragazza che...
(e qui segue la descrizione della trama, che io sinceramente non riesco a ripetere perché ero un po' distratta... semplicemente, l'impressione che ho avuto è che fosse un tipo di film piuttosto melenso per gli standard di Fatina)
L. B. - Mah, non so... non mi ispira tanto...
F. - Ma guarda che è un bel film! Poi lei va in giro con una pistola e uccide un sacco di gente!
(Ah, ecco! Mi pareva strano... Certo che bisogna porsi delle domande su cosa voglia dire “bel film” per Fatina... quasi quasi le faccio vedere Pulp Fiction!)


domenica, 21 agosto 2011

22

AUGURI!

arco

BUON COMPLEANNO

LIGHT BLUE!

Dal vecchio blog... (da gennaio ad aprile 2011)

giovedì, 20 gennaio 2011

Momenti

 Ci sono momenti in cui ci sarebbero così tante cose da dire, da raccontare, che quando pensi di provarci non sai mai da dove iniziare.
Ci sono dei momenti in cui ci sarebbero tante cose da raccontare perché ci sono sempre moltissime cose da fare, ma ci sono moltissime cose da fare perciò non c'è il tempo per raccontarle.
Ci sono dei momenti in cui i sentimenti, le azioni, i pensieri si accavallano e non sempre è tutto chiaro.
Questo momento è tutti questi momenti...

martedì, 01 febbraio 2011

Parole di prima: la banca

Ricreazione dopo la mensa.
Primo richiamo: stanno correndo come disperati.  -Smettetela, o vi faccio sedere.
Sono stati molto rumorosi mentre facevano il laboratorio sui cinque sensi con la collega durante le prime due ore.
Secondo richiamo: - Ma insomma, cambiate gioco, cercate un gioco tranquillo!
E' stato difficilissimo frenarli in palestra nelle ultime ore del mattino.
In mensa, con me, hanno fatto rumore e hanno lasciato il tavolo come fossero un branco di animaletti.
Ora alcuni si stanno lanciando “sfere di energia” facendo strani movimenti con le mani e saltando come canguri impazziti per il salone, altri si stanno saltando addosso come gli atleti del wrestling.
Ci sono giornate così, inutile nasconderselo. Io sono una maestra “antica”, inutile negarlo.
- Adesso basta! Tutti in classe. Per oggi farete la ricreazione seduti! Mettetevi con un compagno a disegnare, leggete un libro, chiacchierate, ma la ricreazione oggi si fa in classe tranquilli!
Bastano tre minuti e ritorna la calma. Altri cinque e si sono già organizzati, a coppie, a gruppetti, qualche solitario. Preparo i quaderni per dopo e mi fermo a guardarli.
Il gioco che li calma, che pian piano contagia tutti, è quello della banca.
Sui fogli del blocco da disegno scrivono lunghe file di numeri. Con tanti zeri. Poi li ritagliano, ne fanno banconote. Poi se li scambiano: “Quanto costa questo?” E dicono numeri a caso, possibilmente grandi e sempre crescenti.
E' un gioco che imperversa da qualche settimana. Un gioco senza alcun senso, ma che li appassiona.
Un gioco che è un segno dei tempi, e anche un po' di queste loro famiglie, molto prese dal lavoro dei genitori. Molto attente all'aspetto economico, sempre pronte a fare a gara nel dire: "non c'è problema" se, con un po' di pudore, proponiamo qualche uscita a pagamento. Sempre pronte a festeggiare i compleanni con mega feste nei parchi con i gonfiabili (8 euro a bambino... 10 euro a bambino... non c'è problema, invitiamo tutta la classe!).
Penso con tristezza a quando provo a raccontare loro qualche storia... breve, perché ancora non hanno la capacità di seguire una storia lunga... semplice, perché non comprendono nulla che non sia esplicito. Gli occhi ti guardano interrogativi: - Perché ce l'hai raccontata maestra? Cosa vuoi da noi?
Ho insegnato in scuole sperdute in mezzo alla campagna padana, perse nella nebbia in inverno e nella foschia dell'afa in estate. E mai ho trovato, da parte dei bambini, indifferenza per le storie raccontate. Magari non sapevano parlare bene in italiano, magari non comprendevano proprio tutte le parole, ma appena iniziava il racconto partiva la magia. E poi erano maghi, fate, cavalieri, soldati, vigili, mamme, papà...
Qui, ed ora, no.
Qui si gioca alla banca.
Mi serve un libro. Mi serve un bel libro!


mercoledì, 09 febbraio 2011

Si (ri)parte

Era partito tutto qualche mese fa: l'annuncio di una delle fiere di ricamo, cucito, patchwork più importanti d'Europa... un gruppo di ricamatrici incallite...
-
Ci andiamo?
-
Fin là?
-
Ma sì, dai! Chi viene?
-
Io forse con la mia scuola di ricamo espongo...
-
Dai, che bello! Veniamo a vedere!
-
Effettivamente si potrebbe...
-
In treno... viaggiamo di notte... una sola notte in albergo...
-
Sarebbe una gran stancata!
-
Sì, ma di certo ne vale la pena!
-
Bhe, io vengo!
-
Io anche
-
Io anche e mi porto Fatina!
Poi il nonno è stato operato.
Poi Fatina doveva fare le gare di pattinaggio ma non si sapeva bene la data.
Poi sembrava che fosse tutto a posto e abbiamo prenotato l'albergo.
Poi Fatina ha deciso che non poteva proprio venire perché avrebbe perso due verifiche a scuola.
Allora... Ho deciso che nulla mi avrebbe fermato, che Fatina o no, io sarei partita.
E, dato che la fortuna aiuta gli audaci, ho trovato la compagna di viaggio a me più gradita.
 
Così, domani sera, al gruppo di ricamatrici pazze che viaggeranno in cuccetta, si unirà la Zietta. Ignara, forse, del turbinio di parole che l'attende e dell'atmosfera di follia che circonda un gruppo di donne con una passione dirompente, ma con la piacevole prospettiva di passare un week-end anticipato a Parigi.


martedì, 15 febbraio 2011

Quattro donne a Parigi (per non parlar del treno...)

 A...spettare due ore, al freddo, in una stazione senza sala d'aspetto, che il treno arrivi, già in ritardo alla partenza.
B...inario che compare all'ultimo minuto sul tabellone delle partenze, da raggiungere in tutta fretta.
C...uccette di Trenitalia: come passare una notte chiedendosi se in casa c'è ancora lo shampoo contro i pidocchi tanto utile quando ci sono le infestazioni a scuola.
D...odici ore di viaggio, attraversando tre nazioni.
E...uro spesi: non molti, in fondo, per viaggio e albergo; un po' di più per gli acquisti.
F...iera: cioè fili, stoffe, libri, schemi, aghi, forbici, nuove idee e nuovi strumenti: tutto quello che ci aspettavamo di trovare (e che non sempre c'era).
G...iapponesi: strane compagne di viaggio per una notte, assolutamente incomprensibili nella loro snervante resistenza alla buona educazione.
H...otel: periferico, ma agognato rifugio dopo una notte ed un giorno alla ventura.
I...ncontri: alcuni decisamente strani (ma forse perché noi siamo mooolto provinciali... ;-))
La Ville Lumière, Parigi: impossibile resistere al suo fascino, anche solo per poche ore; così i due giorni in fiera si sono ridotti a uno e hanno lasciato spazio a una giornata di puro turismo.
M...useo: quello per eccellenza, il Louvre, che la Zietta ha visitato approfittando dell'occasione.
N...egozi: vuoi mettere poter dire “l'ho comprato a Parigi”? Nessuno può resistere al fascino dello shopping parigino, soprattutto se ci sono ancora i saldi nei negozi di taglie forti!
O...rari: da calcolare sempre tendendo conto dei tempi di spostamento col metrò.
P...anini: cibo primario in queste 60 ore, accompagnato, in secondo luogo, da insalate e croissant
Q...uattro: le donne pazze coinvolte in tutto questo; diverse per età, per lavoro, per visione della vita, per storia... eppure capaci di divertirsi (un sacco) viaggiando insieme.
R...icamo: il motivo ispiratore, l'argomento di conversazione principale, il cuore del viaggio.
S...orelle: due, io e la Zietta, che con la scusa del viaggio riescono finalmente a stare un po' insieme per godere della reciproca compagnia.
T... reno: bellissima idea di viaggio, purtroppo un po' sciupata dalla realtà di Trenitalia.
V...oglia di tornare a casa al momento del ritorno: prossima allo zero, c'era spazio per almeno un altro giorno.
Z...zzzzz: le ore di sonno che sono servite per recuperare la stanchezza accumulata! 


venerdì, 18 febbraio 2011

Parole di prima: PER LUNEDI'

 - Allora bambini, questo compito lo fate per lunedì, va bene?
- Maestra?
- Dimmi, R., cosa c'è? Non hai capito bene?
- Sì, ho capito. Ma lo posso fare per domenica? Mi piace di più!

MAH!



giovedì, 03 marzo 2011

Andata e ritorno

 Ha organizzato sostituzione e ferie (e nella scuola, in questo momento, non è scontato riuscirci) per poter avere quattro giorni pieni per stare con Luna, che non vedeva dalle vacanze di Natale, e festeggiare insieme il loro terzo anniversario.
E' partito senza la solita processione di mamma papà Fatina che gli portavano i “pezzi” in auto, perché tutti erano a scuola o al lavoro.
E' arrivato da Luna, e Fatina si è accorta che aveva dimenticato il regalo sulla poltrona in camera sua. Lo immaginavamo avvilito ed arrabbiato, gli abbiamo proposto un incontro a mezza strada per fargli avere il pacchetto, e invece ha risposto tranquillamente che lo porterà a Luna la prossima volta.
E' ripartito un po' prima del solito per placare le ansie della mamma, che aveva visto le previsioni meteo, ha sfidato la pioggia, la neve, la nebbia, le processioni di camion sull'Appennino, il nodo di Bologna e cinque ore di viaggio per duecentocinquanta chilometri ed è arrivato ieri sera. E ha detto: “Mamma, ho comprato un nuovo cd, vuoi ascoltarlo?”
Werewolf è tornato.


venerdì, 01 aprile 2011

Aggiornamenti...

 In certi periodi i giorni sono troppo veloci per raccontarli...
Che è successo in questo mese?
Allora: le ore a scuola si sono moltiplicate in modo esponenziale per preparazione di feste, uscite didattiche, corsi di aggiornamento, riunioni con i genitori, incontri con i terapisti che seguono i nostri alunni; qui nella Gabbia siamo riusciti a fare una piccola vacanzina al mare con Fatina e Light-Blue al seguito, appena tornati abbiamo avuto ospite Luna per una settimana, appena lei è ripartita è ritornato qui Light-Blue; il Nonno sta facendo i controlli post intervento programmati, i Nonni dovrebbero traslocare in una casa più comoda ma cambiano parere e piani più o meno ogni due giorni; Fatina per due settimane non è andata a scuola ma a uno stage; è ricominciato il periodo dell'allergia; sono iniziati i festeggiamenti per i cento anni della squadra cittadina e Werewolf è impegnatissimo con le presenze sia agli incontri “di rappresentanza” che ai tornei e alle partite; Fatina domani ha una gara e questo ha voluto dire allenamenti, costumi, allenamenti, calze, allenamenti, reggiseni, allenamenti...
Ora stiamo iniziando ad organizzare le vacanze estive.
Se qualcuno ha problemi ad impegnare il suo tempo libero può provare a passare qui, per la Gabbia: credo che non si annoierà mai più...


domenica, 03 aprile 2011

Cronaca di un giorno di gara

E così è arrivato il giorno della gara di Fatina. Dopo aver fortuitamente trovato, al mercato, il reggiseno con le fascia dietro di silicone, in modo da risultare invisibile nell'oblò che ha sulla schiena il suo costume da gara; dopo aver scartato, al momento, il costume rosso acquistato a Riccione, che richiede ancora qualche piccolo aggiustamento; ebbene, ora mancava il trucco e parrucco giapponese, dato che il suo disco è una musica, anche se moderna, chiaramente giap.
Provate a cercare, un sabato mattina in una piccola città, gli spilloni delle acconciature orientali... da dove partireste? Dagli empori cinesi che proliferano ovunque? Sbagliato! Non vi troverete nulla di simile! E nemmeno nelle profumerie più frequentate: lì c'è, al massimo, qualche bel fermaglio. Poi, se sarete fortunati come me, vi verrà in soccorso la memoria di quel negozio un po' polveroso davanti al quale passate ogni giorno, che degnate di un'occhiata distratta. Non sottovalutatelo ed entrate: io l'ho fatto ed ho trovato ciò che cercavo.
Quando poi Fatina, che era a scuola, è arrivata, l'aria si è fatta più pesante: l'ansia per la gara si tagliava con il coltello.
A tavola Werewolf è stato quasi azzannato perché tentava un abbraccio rassicurante, e poi se ne è andato, ancora un po' perplesso, alla partita dei bambini della sua squadra.
Il Capitano è partito subito dopo per il lavoro e, vista l'esperienza di Werewolf, si è limitato ad un saluto e ad un augurio il più neutri possibile.
Light-Blue aveva già dato forfait da qualche giorno a causa di un impegno improrogabile. Ha tutta la mia comprensione poiché credo che, dopo l'esperienza delle gare dello scorso anno a fianco di una Fatina non propriamente tranquilla, non se la sia sentita di affrontare la “cosa” anche quest'anno.
Ed è così che siamo rimaste sole (anche se sarebbe meglio dire che io sono rimasta sola con lei...). Dopo aver cercato di preparare la borsa senza dimenticare niente di quel che serviva siamo passate all'acconciatura: la base era una dose massiccia di gel lasciata asciugare per bene prima di passare alla stesura successiva. E poi una semplice coda. Inutile passare subito all'acconciatura definitiva: arrivata al palaroller si sarebbe comunque dovuta togliere la maglietta e sarebbe stato tutto da rifare. A questo punto è arrivata la Zietta: se io me la cavo abbastanza con i capelli, altrettanto non si può dire per il trucco, che per me significa, al massimo, fard e rossetto. La Zietta invece conosce i prodotti, i movimenti, la teoria del colore... così Fatina si è affidata a lei senza tentennamenti e nel giro di un quarto d'ora un trucco pallido e rosato, tipicamente giapponese (o comunque quello che è il giapponese nella nostra immaginazione), era sul suo volto (e, cosa assolutamente incredibile per me, c'è rimasto tranquillamente fino a sera, quando siamo tornate a casa!).
Salutata la Zietta siamo partite; siamo riuscite, quasi, a non sbagliare strada, e ad arrivare anche con un po' di anticipo sull'orario di ritrovo al Palaroller.
Sistemata la borsa, distribuiti i costumi alle altre, indossato il suo costume, siamo passate all'acconciatura: ancora gel, uno chignon con al centro un fiore, e i due famosi spilloni orientali a completare l'opera.

pettinatura
Erano circa le 16 e 30. A parte i provapista, Fatina avrebbe pattinato per la gara alle 20, ma ancora non lo sapevamo... Il tempo è passato, per me sulle tribune, a guardare le gare delle altre, a cercare di capire meglio come funzionava la videocamera nuova, ad ascoltare qualche pettegolezzo sulla società, ad osservare la varia umanità... e naturalmente a rispondere ai cenni e alle chiamate di Fatina se aveva bisogno di acqua, di ago e filo o di conforto.
Infine, finalmente, è entrata in pista, a iniziato a pattinare ed è stata bravissima: ha fatto il meglio che le abbia mai visto fare, bellissima trottola, salti buoni, passi gradevolissimi, non si è dimenticata nulla e... alla fine ha vinto!
BRAVA FATINA!
Sei stata un po' “difficile” ieri da trattare, ma ne è valsa la pena!


lunedì, 04 aprile 2011

Delle mamme, e soprattutto dei papà

Attorno alle gare di pattinaggio c'è, come sempre nelle competizioni sportive che coinvolgono bambini e ragazzi, un piccolo mondo variegato.
Le mamme delle pattinatrici sono perlopiù un pericoloso connubio tra Mamma Orsa e un branco di hooligans inglesi; giurano di non capire assolutamente il meccanismo del fuori-gioco nel calcio, ma ritengono di comprendere al primo colpo il mistero dei piazzamenti per calcolare la classifica del pattinaggio artistico e si arrabbiano furiosamente quando i giudici non si uniformano alle loro "intuizioni". All'interno della specie si individuano alcuni sottogruppi: quelle che non hanno mai messo piede prima in un palazzetto o a bordo-pista, e si presentano con tacco dodici e gonnellina a tubo e poi guardano con odio, per tutto il pomeriggio, le gradinate di cemento; quelle come me, che di solito sono mamme-chiocce e per l'occasione si trasformano in mamme- chiocciole, nel senso che si portano dietro tutta la casa: io ad esempio ho sempre cibo, acqua, ago e filo, videocamera, telefono, cerotti, occhiali da vicino e da lontano, foglietti, matita, biro (per ogni evenienza, non si sa mai...)... il tutto stipato, con perfezione millimetrica, nella borsa a spalla... salvo poi non riuscire a far rientrare tutto e dover tenere metà delle cose in mano, o in tasca...
Ma poiché della categoria delle mamme faccio parte mio malgrado, non ho la lucidità necessaria per farne un'analisi precisa. Perciò parlerò dei papà.
I papà delle pattinatrici sono di diverse categorie.

Innanzitutto ci sono quelli orgogliosissimi, che li vedi solo a guardarli: sono in genere i papà delle bambine più piccole, che non hanno problemi a vederle con le gambine nude e un po' di trucco. Sono piuttosto giovani, fanno un tifo sfegatato per tutte le ragazze della stessa società sportiva della figlia; hanno trombe da stadio e sciarpe colorate. Sono quelli che hanno più dimestichezza con lo sport, forse hanno anche figli maschi o forse no, ma non fa nessuna differenza: ciò che importa è che sono i primi fan delle loro figlie.
Poi ci sono quelli che vogliono avere sempre tutta la situazione sotto controllo: chiedono alla moglie: - A che ora ha mangiato la bambina? Quattro ore fa? Ma allora ha bisogno di zuccheri! Vai a darle una caramella, un succo di frutta... I pattini, sono allacciati bene? Mi pare di vedere che siano un po' allentati, vai a controllare. E l'unico motivo per cui non ci vanno di persona è che negli spogliatoi ci sono anche le ragazze più grandi...

Inoltre ci sono quelli relegati al ruolo di baby-sitter dei figli più piccoli: condannati a seguirli su e giù per i gradini del palazzetto, a portarli fuori quando si annoiano, a portarli in bagno... rischiano sempre di perdersi la gara della bimba più grande...
Quindi ci sono quelli delle ragazzine che solo l'anno prima (o anche solo quella mattina a casa) erano bambine e adesso, in quel palazzetto sono improvvisamente ragazze – perché il pattinaggio ha questo potere: i costumi, le acconciature, il trucco, i lustrini, e i pattini, che donano dieci centimetri buoni di altezza... tutto fa sbocciare le ragazzine. Li guardi questi papà, e ti fanno tenerezza: hanno lo sguardo smarrito, osservano le loro mogli con occhi imploranti e sembra che dicano – Amore, spiegami cosa è successo per favore, e perché, e quando... E dimmi che poi passerà, e non succederà mai più!
E ancora, ci sono quelli come il Capitano, che non ci sono fisicamente perché sono al lavoro, ma che tengono il telefono sotto mano per poter essere sempre informati e gioiscono e ridono anche da lontano.
Infine ci sono quelli più tristi, quelli che uno spera di non vedere mai. Quelli che ci sono ma vorrebbero essere da qualunque altra parte. In genere sono i mariti delle mamme tacco-dodici, non sono mai stati ad una gara ed iniziano a protestare dopo circa un'ora: - Ma quanto ci vorrà ancora? Ma proprio oggi che c'è la partita? Ma secondo me perdo l'inizio... Dopo la gara della figlia non c'è verso di tenerli e decidono di tornare a casa, affidando la riconsegna della ragazzina alle amiche o all'allenatrice. Se ne vanno, e si perdono la premiazione della propria figlia al primo posto sul podio, perché così presi dal loro fastidio non si sono nemmeno resi conto che il punteggio era decisamente alto. Che tristezza preferire una partita vista alla tv alla realtà di una figlia con la coppa del vincitore in mano!

 
E che saggezza nella parole di quell'anziano signore, tipico esponente del buon senso delle nostre campagne, pur se ricco di spirito alcolico, che, all'uscita del palazzetto alle otto e mezza di sabato sera, esclamava nel dialetto locale: - Chì i é tuti mat! I dis “andema andema ca ghè la partida”! Ma vardè quante bele putlete e quante bele spuse ca ghè ! A sì mat a'ndar a vedar quei ca cur in mudande! Al spetacul l'è chì! (trad.: - Qui sono tutti matti! Dicono “andiamo andiamo che c'è la partita”! Ma guardate quante belle ragazze e quante belle mamme che ci sono! Siete pazzi ad andare a vedere quelli che corrono in mutande! Lo spettacolo è qui!)

Imparare a vincere

Fatina riguardava il video delle gare, in particolare della premiazione.
Mentre si vede la scena in cui, sul gradino più alto, impugna la coppa e la solleva mi dice:
- Mi sentivo in imbarazzo, non sapevo bene cosa fare con la mia avversaria. Volevo darle la mano e complimentarmi, ma avevo paura che pensasse che la prendevo in giro...

 
E' verissimo che nella vita bisogna saper perdere; ma ad un certo punto, prima o poi, arriva il momento in cui si deve anche imparare a vincere.


mercoledì, 20 aprile 2011

Due settimane fa

 Più o meno due settimane fa, a scuola, ho sentito un colpo secco, come lo schiocco che fa un grosso ramo che si spezza, provenire dal mio corpo e ho avuto la sensazione che il pavimento fosse lontanissimo dal mio tallone. Ho tastato la parte posteriore della mia caviglia e ho sentito un impressionante e innaturale vuoto.
Il mio tendine di Achille si era spezzato, improvvisamente, così, senza avvisare prima nemmeno con un dolorino piccolo.
Ci sono stati il pronto soccorso, le visite, qualche giorno a casa, l'intervento, il gesso: lungo fino all'inguine, faticoso, invalidante.
Ci sono stati il dolore, la fatica, la necessità di riorganizzarsi la vita, non solo la mia ma quella di tutta la famiglia.
Ora c'è l'attesa.


venerdì, 22 aprile 2011

Cose che ho capito...

 Cose che ho capito in queste due settimane:

 
  • nessuno è insostituibile, ma per sostituire il lavoro fisico di una mamma servono quattro persone;
  • la pazienza e l'umiltà non sono di moda ma sarebbero virtù da esercitare anche in situazioni normali, per essere pronti ad ogni evenienza;
  • i veri uomini non sono quelli che passano tra mille donne, magari giovani e bellissime, ma quelli che riescono ad amare la loro donna anche dopo averla vista nelle situazioni più tristi, imbarazzanti, scomode, della sua vita (questo lo avevo già capito da tempo, grazie al mio papà ed al Capitano, ma è il momento giusto per ricordarlo);
  • ognuno ha qualcosa da imparare dagli altri, anche da quelli che sembrano essere gli “ultimi”: è così che sono riuscita a spostarmi per le scale, imitando i movimenti della bimba che, nella nostra scuola, sembra non smuoversi mai dalla diagnosi “età mentale 8 mesi”;
  • il dolore fisico, in certi casi, riesce ad annebbiare la mente; i pensieri che ne conseguono sono talvolta, perciò, irragionevoli;
  • anche i medicinali per controllare il dolore, in certi casi, annebbiano la mente; anche in questo caso i pensieri che ne conseguono sono poco significativi.
     
Se questo post vi sembra poco chiaro, rileggetelo soprattutto alla luce delle ultime due affermazioni ;-)