Ho fatto molta strada nella vita:
ottanta chilometri al giorno, sei giorni alla settimana, otto mesi
l'anno per quattro anni. Questo è stato l'inizio della mia carriera:
mi muovevo in autobus, ma la mia sede era una frazione all'estremità
della provincia, e lì l'autobus non arrivava... così mi appoggiavo
all'amicizia ed al buon cuore di una collega che mi dava un passaggio
in auto per gli ultimi chilometri. Avevo sempre con me qualche libro
e un quadernetto su cui scrivere. Non che scrivessi nulla di
speciale, solo qualche appunto sui personaggi che si incontravano,
sul mutare del paesaggio, e al ritorno da scuola, sui bambini.
Poi è nato Werewolf, la sede di lavoro
era un po' più vicina così i chilometri sono un po' diminuiti, io
ho iniziato a spostarmi in auto – era molto più comodo e veloce.
Ho dovuto abbandonare i libri ed il quadernetto, ma ci ho guadagnato
la radio: mi teneva compagnia nelle mattine d'inverno nebbiose, mi
teneva sveglia quando tornavo, la sera tardi, dalle riunioni, mi
permetteva di scegliere se volevo ascoltare i notiziari o
semplicemente un po' di musica.
Quando è nata Fatina, è arrivata la
sede in città. Spostamento breve e veloce. Situazione comodissima
per lavorare tranquillamente e arrivare presto a casa. Niente più
libri, quadernetto, radio, ma questo non era tanto importante. Una
cosa che mi mancava davvero tanto era il tempo “vuoto” del
viaggio: quel piccolo spazio solo mio da riempire di cose gradevoli.
Passò un po' di tempo perché mi rendessi conto che c'era un'altra
cosa di cui sentivo la mancanza: avevo sempre lavorato in scuole di
campagna, prima, e il tempo dei miei scolari, scandito dai lavori
agricoli e dal susseguirsi delle stagioni, era diventato il mio.
Senza i miei viaggi nel cuore della Pianura Padana non avevo più i
riferimenti che mi avevano accompagnato per anni. Iniziarono a
mancarmi i colori dell'autunno che infuocavano la campagna, poi mi
mancarono le nebbie che sfumavano i contorni, poi mi mancò il verde
impercettibile delle foglie che rinascono...
Pian piano imparai a vedere anche in
città i piccoli cambiamenti del tempo che passa, ma mi rimase sempre
un senso di perdita pensando a quei viaggi attraverso la pianura.
Solo qualche anno fa, con Werewolf e
Fatina ormai grandi, ho ripreso a “fare strada”: ho iniziato a
collaborare con colleghe di altre scuole, a tenere corsi, a
partecipare a gruppi di lavoro a Milano... ho ripreso a guardare la
pianura con gli occhi di chi sa vedere se un campo è stato seminato,
o arato, o se il grano è pronto da mietere. Incontri a distanza di
tempo, luoghi diversi, strade che non conoscevo bene: non era, però,
la stessa cosa di quando, ogni mattina, ripetevo la stessa strada
alla stessa ora...
In questa estate post (?) terremoto,
però, è successo qualcosa: la disponibilità per un piccolo
progetto di volontariato nei paesi più colpiti mi ha portato a fare
un (bel) po' di strada da percorrere a intervalli regolari alla
stessa ora, al mattino, nella campagna padana: il Po da superare, coi
suoi argini e le sue sabbie scoperte, un paesaggio conosciuto e
cambiato, con tetti sfondati, impalcature, gru che stanno
ricostruendo, tende ancora piantate nei giardini, cartelli stradali e
pali della luce tutti con posizionizioni innaturali, così diverse
dalla perpendicolarità... In mezzo a tutto questo disordine, così
strano nelle nostre campagne, ho riscoperto quello che non vedevo da
anni: l'inclinazione del sole che cambia impercettibilmente di
settimana in settimana, l'uva sulle viti che ingrossa, il granoturco
che ormai non cresce più ma inizia a seccare e tra un po' sarà
pronto per essere tagliato, i frutti di un melograno che si
distinguono tra le foglie...
Ho fatto molta strada nella vita.
Continuo a farne.